UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA MACROAREA DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA TESI DI LAUREA IN STORIA DELLA FILOSOFIA MEDIEVALE LA MISTICA SCIENZIATA. LA HYSICA DI ILDEGARDA DI BINGEN Relatore: Laureando: Luca Grisci Chiar.ma Prof.ssa Cecilia Panti matricola: 0069794 Anno Accademico 2018/2019 A mia nonna. Ringrazio suor Philippa Rath, dellabbazia di Eibingen, per avermi fornito le bellissime immagini tratte dallo Scivias e la professoressa Cecilia Panti per avermi guidato nello studio delle sottigliezze della Physica. Luca Grisci INTRODUZIONE ................................................................... p. 5 Cronologia .......................................................................... p. 8 1. I manoscritti e il processo di composizione ........... p. 15 2. La struttura del testo e la lingua ............................... p. 21 3. Le fonti........................................................................... p. 26 4. Losservazione della natura ....................................... p. 35 5. Il cosmo ......................................................................... p. 41 6. La natura, la viriditas e luomo ................................ p. 49 7. La salute......................................................................... p. 61 8. Lenciclopedia .............................................................. p. 67 Conclusioni ......................................................................... p. 77 APPENDICE........................................................................... p. 80 BIBLIOGRAFIA ..................................................................... p. 86 5 INTRODUZIONE Questo lavoro è dedicato allo studio della Physica di Ildegarda di Bingen; il titolo Physica, con il quale lopera è maggiormente conosciuta, non compare in nessuno dei manoscritti a oggi noti; compare invece per la prima volta nelledizione a stampa del 1533, delleditore Schott di Strasburgo.1 In questo studio la Physica verrà indicata anche col nome di Liber subtilitatum; questa seconda denominazione è più aderente alla tradizione dei manoscritti e segue ledizione della Physica del 1855, quella contenuta nella Patrologia latina a cura di Paul Migne, che ha per titolo Sanctae Hildegardis abbatissae subtilitatum diversarum naturarum creaturarum libri novem. 2 La Physica è una delle due opere di carattere scientifico scritte da Ildegarda, assieme al Causae et curae.3 Con grande probabilità sarà spiegato meglio dopo entrambe erano comprese originariamente in ununica opera rimasta aperta, e solo in seguito alla morte dellautrice da essa vennero ricavate due opere distinte. Attualmente non è conosciuto alcun codice che le contenga assieme: del Causae et curae è noto un solo manoscritto del XIII secolo,4 mentre quelli della Physica sono in numero maggiore e si differenziano tra loro per il contenuto. 5 Per lanalisi della Physica si è privilegiata la traduzione in italiano di Antonella Campanini (Libro delle creature, trad. Campanini), poiché è lunica traduzione in lingua moderna che tiene conto di due differenti tradizioni manoscritte, ovvero quella confluita nelledizione divenuta ormai classica della Patrologia latina e una tradizione più antica, rappresentata dal ms. Ashburnham 1323, della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze (Physica, ed. Muller- Schulze). 1 È dunque possibile che si tratti di una aggiunta delleditore (Moulinier 1995, p. 17). 2 La Physica occupa le colonne da 1117 a 1352 del volume 197 della Patrologia latina (Physica, ed. Daremberg-Reuss). 3 Dellopera è disponibile una traduzione italiana Cause e cure, trad. Calef. 4 Copenhague, Kongelige Bibliothek, Ny. kgl. saml., 90 b Fol. 5 Vd. infra, § 1. I manoscritti e il processo di composizione. 6 Si è tenuta anche costantemente presente la prima edizione critica della Physica, data alle stampe nel 2010 (Physica, ed. Hildebrandt-Gloning) e il testo della Patrologia latina, che si basa prevalentemente sullunico manoscritto allora conosciuto, il lat. 6952, conservato alla Biblioteca Nazionale francese di Parigi, al quale venne aggiunta la denominazione linneana delle creature. Loggetto dello scritto è senzaltro eccezionale, si tratta infatti di una raccolta enciclopedica che tocca uno spettro amplissimo delle scienze naturali, comprendendo la botanica, la zoologia, la mineralogia, la geologia, la farmacopea, principi di nutrizione e la medicina. In esso la descrizione delle diverse creature permette di toccare gli ambiti più disparati del sapere scientifico addentrandosi in analisi spesso dettagliate che si si spingono nella descrizione degli aspetti più particolari di ogni creatura, dando così piena soddisfazione alle aspettative del titolo (Subtilitatm diversarum). A rendere ancora più eccezionale lo scritto è però una caratteristica peculiare, che lo ha fatto ritenere unico nel suo genere: 6 per ogni creatura, salvo qualche rara eccezione, è data una descrizione generale, a cui segue la spiegazione della sua utilità pratica, che coincide prevalentemente col mostrare come essa può giovare alla salute delluomo. Non fa eccezione la più piccola tra le creature, la formica, di cui si riporta a titolo di esempio, la voce corrispondente tratta dal libro VII della Physica: La formica è calda e si sviluppa a partire dallumore che genera i profumi. Produce per sua natura le uova come gli uccelli. Luomo che ha molto flegma nella testa, nel petto o nello stomaco prenda un formicaio, formiche comprese e lo faccia cuocere nellacqua. Versi quellacqua su una pietra incandescente, la vaporizzi in bocca per cinque o dieci volte e il flegma diminuirà. 7 Questo studio si articola in otto capitoli. In una prima parte (capitoli 1-3) si analizzerà la Physica dal punto di vista della struttura del testo, delle caratteristiche linguistiche e del processo di composizione, tenendo in considerazione le differenze esistenti tra i diversi manoscritti attraverso i quali 6 Dronke 1986, p. 195. 7 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 390. 7 lopera ci è stata tramandata. Nel capitolo 3 in particolare si osserverà il contenuto della Physica con lobiettivo di identificare le possibili fonti o influenze che hanno contribuito alla genesi del testo. In questa prima parte dello studio si è tenuto conto della ricerca particolarmente accurata di Laurence Moulinier, prima della quale il testo del Liber subtilitatum era quasi terra incognita. Nella seconda parte di questo studio invece (capitoli 4-7), si delineeranno le tematiche filosofiche che attraversano la Physica, cercando di dimostrare come esse siano un elemento significativo del testo, nonostante si tratti di uno scritto di carattere eminentemente pratico. Per questa seconda parte dello studio verrà fatto riferimento ad altri scritti di Ildegarda, in particolar modo alla parte cosmologica del Liber divinorum operum, che sembra avere una maggiore affinità col contenuto della Physica. In questa seconda parte del lavoro, si proverà anche ad identificare eventuali punti di contatto tra il contenuto della Physica e la riflessione filosofica ad esso contemporanea. Nellultima parte di questo lavoro (capitolo 8), si metterà in relazione la Physica al genere enciclopedico, dimostrando come lopera ildegardiana ne rispecchi le caratteristiche formali. Raffrontando il contenuto della Physica con quello del Physiologus però, si osserverà come lopera di Ildegarda si distingua dagli altri scritti del filone enciclopedico, facendo riferimento in particolare alle tematiche filosofiche analizzate nella seconda parte di questo lavoro. 8 CRONOLOGIA Per dare avvio allindagine che ci siamo proposti di condurre nel presente lavoro, occorre anzitutto concentrarsi su alcuni aspetti della vita di Ildegarda che hanno maggiore attinenza col contenuto della Physica. In questa cronologia è riportata una successione di fatti salienti assieme ad alcuni episodi scelti della vita della Santa. Le fonti principali per ricostruire la vita di Ildegarda sono le due biografie: la vita scritta da Goffredo e Teodorico di Echternach (di seguito indicata con V1), 8 e quella scritta da Ghiberto di Gembloux.9 Entrambe sono ricche di passi autobiografici. 10 Altre fonti sono il suo epistolario e gli atti relativi al processo di canonizzazione (di seguito indicati con AI). Nelle due biografie, e in particolare nel libro III di V1, vengono narrate numerose guarigioni operate da Ildegarda, tuttavia queste sono sempre presentate in chiave miracolistica, senza mai fare riferimento a metodi di cura ordinari. Un biografo posteriore invece, riconosce esplicitamente la duplice valenza delle capacità terapeutiche di Ildegarda e scrive che "si poteva vederla nel giardino dellabbazia cogliere delle piante per fare degli elisir» e che "incessantemente le persone del villaggio correvano a chiamarla per un malato, un folle, un indemoniato, che lei guariva o esorcizzava». 11 Gli episodi della vita di Ildegarda qui citati sono tratti dalla cronologia di Michela Pereira contenuta ne Il libro delle opere divine, trad. Pereira, pp. CXXXVIII-CLXIX. Verrà segnalato in nota qualora la fonte sia diversa. 1098 Ildegarda nasce a Bermersheim alla fine dellestate. Sin da bambina inizia a sperimentare le visioni. 8 La biografia si compone di 3 libri preceduti da una prefazione: Liber primus de gestis sanctae, Liber secundus de visionibus sanctae, Liber tertius de miraculis et morte beatae. Solo il primo dei tre è stato scritto da Goffredo, dopo la morte di Goffredo la biografia venne completata da Teodorico (Moulinier 1995, pp. 15-6). Vitae Sanctae Hildegardis, ed. M. Klaes. 9 Vita Hildegardis, ed. J. B. Pitra. 10 Moulinier 1995, p. 16. 11 Ibidem, p. 212. 9 Non appena cominciò a parlare, con le parole e coi gesti cercava di far capire a quanti la circondavano che vedeva cose che gli altri non potevano vedere, visioni che apparivano solo a lei e che avevano qualcosa di strano. (V1) 1106 Alletà di otto anni viene accolta come oblata nel monastero benedettino di Disibodenberg. Perciò, quando ebbe otto anni, la affidarono alle cure di una reclusa, di nome Jutta, sorella del conte di Spanheim, affinché vivesse sotto la regola di San Benedetto e servisse Dio nel monastero di Disibodenberg. (AI) 1106-1136 Durante gli anni dellapprendistato Ildegarda continua a sperimentare le visioni, oltre a soffrire di gravi disturbi fisici; solo Jutta è a conoscenza delle visioni che Ildegarda tiene gelosamente nascoste. La prima persona ad esserne messa a conoscenza è un "monaco fidato», probabilmente Wolmar. Fino a 15 anni ebbi molte visioni. Allinizio le raccontavo ingenuamente; ma molti, quando ascoltavano i miei racconti, si chiedevano da dove venissero quelle visioni e che cosa fossero. E anchio mi meravigliavo, perché quello che vedevo dentro la mia anima lo vedevo anche allesterno: non avevo mai sentito dire questo di nessuno, perciò cercavo di tenere nascosto il più possibile quello che vedevo. Inoltre, poiché ero spesso de paura e non osavo dire niente a nessuno, e tuttavia mi accadeva di narrare o di predire in versi cose che sarebbero accadute. Quando non ce la facevo a tenermi dentro queste visioni, dicevo cose strane e incomprensibili agli altri. Ma quando poi si attenuava la pressione della visione, che mi aveva fatto comportare come una bambina, arrossivo e spesso piangevo, e sarei stata volentieri zitta, se avessi potuto. Per il timore che sentivo nei confronti delle altre persone non osavo confidarmi con nessuno; ma quella nobile signora di cui ero discepola se ne rese conto e segretamente ne parlò con un monaco fidato. (V1) 1136 Alla morte di Jutta Ildegarda ne eredita il ruolo nel monastero, a dimostrazione della stima che già riscuoteva allinterno della comunità monastica. 1138 Iledgarda si confida con Wolmar e su suo consiglio inizia ad annotare le visioni. 1141 Inizia la scrittura del Liber scivias che terminerà dieci anni dopo. 10 1146-1148 La fama crescente di Ildegarda attira numerose giovani di famiglia aristocratica. In seguito a una visione decide di intraprendere la missione di fondare un nuovo monastero, che avrebbe potuto accogliere la comunità in aumento. Con molte difficoltà riesce a trasferirsi con otto monache nel nuovo monastero di St. Rupertsberg. È da notare nel passo biografico riportato di seguito il riferimento paesaggistico alla confluenza dei due fiumi: molte delle voci del libro della Physica dedicato ai pesci, sono sicuramente frutto dellosservazione diretta dellautrice. Sarà proprio questo contesto ambientale ad aver favorito in Ildegarda la nascita di interessi naturalistici? Che una traccia dellimpresa di fondare un nuovo monastero, il che implica il dover intervenire sullambiente naturale per adattarlo ad un nuovo insediamento, abbia determinato nel contenuto della Physica lattenzione alla contrapposizione fra selvaggio e domestico (o selvatico e coltivato per le piante)? In quellepoca era circondata da molte figlie di famiglie nobili che volevano prendere labito religioso e seguire la regola. Erano così numerose che non ce la facevano più a stare nelle celle loro riservate, e così si cominciò a pensare di trasferire e ampliare il loro alloggio. Il luogo le fu mostrato dallo Spirito: la collina che si erge dove il fiume Nahe confluisce nel Reno, che Vergine consacrata a Dio indicò allabate e ai suoi confratelli quel luogo, che non aveva visto con gli occhi del corpo ma in una visione interiore. Essi però esitavano, perché mal digerivano questo allontanamento. Allora, affinché lordine di Dio non fosse ostacolato, cadde ammalata come già in precedenza, e giacque nel letto a lungo, debolissima; né poté alzarsi prima che labate e gli altri si rendessero conto che in questo modo lordine divino imponeva loro di darle il consenso richiesto senza ostacolarla, anzi aiutandola per quanto era in loro potere. (V1) 1147 Il pontefice Eugenio III approva le visioni dello Scivias. 1150 Inizia la scrittura della Physica che si concluderà nel 1158. Le date sono ricavabili dalle indicazioni fornite dalla stessa Ildegarda nel passo autobiografico tratto dal prologo del Liber vitae meritorum riportato di seguito. Nello stesso passo Ildegarda menziona anche la Symphonia harmoniae caelestium revalationum: è una raccolta di circa 80 liriche di cui Ildegarda scrive sia la musica che il testo; la composizione risale agli stessi anni in cui Ildegarda si dedica allo studio delle scienze naturali, a riprova della varietà di interessi e di modalità espressive che sperimenta in questo periodo particolarmente creativo della vita. 11 E accadde nove anni dopo che a me, creatura semplice, la vera visione aveva manifestato vere visioni, intorno alle quali dieci anni mi ero affaticata; questo fu il primo anno da che la visione mi aveva mostrato, perché la esponessi chiaramente, Le sottili differenze delle diverse nature delle creature, Le risposte e le ammonizioni di moltissime persone tanto di maggiore che di minore importanza, La sinfonia dellarmonia delle rivelazioni celesti, La lingua ignota e Le lettere con altre spiegazioni, sulle quali, dopo le visioni di cui ho fatto cenno, gravata da penosa infermità e notevole fatica fisica, mi ero soffermata per otto anni; alletà di 60 anni ebbi una visione potente e mirabile, nellinterpretazione della quale pure mi affaticai per cinque anni. Quindi nel mio sessantunesimo anno di età, anno 1158 dallincarnazione di Nostro Signore, mentre la sede apostolica era oppressa, durante il regno di Federico imperatore dei romani, udii una voce dal cielo che mi diceva: tu che sin dalla tua infanzia hai ricevuto tramite lo Spirito del Signore un insegnamento della vera visione, quella cioè non del corpo, ma dello spirito, di ciò che ora vedi e senti. 12 1151 Il papa invia una lettera a Ildegarda in appoggio alla sua attività, a dimostrazione di come la sua fama stesse crescendo. 1151-1163 Inizia un periodo di intensi scambi con lesterno del monastero, sia attraverso le lettere che con i viaggi. È in questo periodo che probabilmente Ildegarda entra in contatto con i nuovi saperi che hanno giocato un ruolo di rilievo nella scrittura della Physica. È sempre a questo periodo che si può far risalire lepisodio dellincontro con un "filosofo», narrato nella Vita. Un filosofo riverito per la sua ricchezza, che aveva a lungo espresso dubbi sulle mie visioni, alla fine venne da noi e arricchì il nostro monastero di edifici, proprietà e altri beni necessari, di cui la mia anima molto si compiacque, perché Dio non aveva permesso che fossimo dimenticate. Con domande acute ma sagge volle informarsi su che cosa erano e da dove venivano questi scritti sulle visioni, finché alla fine per ispirazione divina si convinse del tutto; lui, che prima ci aveva coperto di parole sprezzanti, si rivolse a noi con benedizioni anche maggiori, dopo che Dio ebbe soffocato lingiustizia nel suo cuore, come aveva annegato nel Mar Rosso il Faraone, che aveva cercato di fargli prigionieri i figli di Israele. (V1)13 12 Libro dei meriti di vita, trad. Ghiringhelli, pp. 59-60. 13 Pereira 2017, p. 124. 12 1163 Inizia la scrittura del Liber divinorum operum, lultima delle tre grandi opere profetiche di Ildegarda, la cui composizione occuperà circa un decennio, fino al 1174. È da segnalare un mutamento nella cosmologia, rispetto allo Scivias: la descrizione fisica del cosmo è più articolata e ricca di dettagli, e si nota un maggiore naturalismo. Questo mutamente di accenti è stato collegato allapprofondimento di Ildegarda dei suoi interessi scientifici. 14 1173 Muore Wolmar. Affiancò Ildegarda per gran parte della sua vita avendo un ruolo attivo nella stesura delle sue opere e forse anche nella maturazione delle sue idee filosofiche. A riprova dellimportanza di Wolmar, si riportano le commoventi parole che Ildegarda gli dedica alla fine del Liber divinorum operum. In quel tempo, quando ero occupata nella vera visione e nella scrittura di questo libro, con lassistenza di un uomo di religione, scrupoloso osservante della regola di San Benedetto, la tristezza trafisse la mia anima e il mio corpo, perché mi ritrovai nel mondo separata da quel santuomo, che morì. Egli, che era un servitore di Dio, aveva ascoltato tutto quello che gli avevo riferito a proposito di questa visione con grande attenzione e senza mai interrompere il lavoro; aveva proposto alcune correzioni e mi aveva sostenuto con i suoi consigli affinché non tralasciassi, a causa dell infermità del corpo, di dedicarmi giorno e notte a scrivere ciò che nella visione mi veniva rivelato. E così aveva fatto sino alla fine senza stancarsi mai di queste visioni; perciò dopo la sua morte mi rivolsi a Dio con voce di pianto, gridando: "o Dio mio, che hai fatto quel che hai voluto del tuo servo che mi avevi dato come aiutante per le visioni, ora aiutami, perché solo tu puoi farlo!». 15 1179 Ildegarda muore il 17 settembre del 1179. Il racconto biografico della morte di Ildegarda non manca di alcune notazioni relative allambiente; un segno naturale (larcobaleno) simboleggia il momento del trapasso. Sopra la cella in cui la Santa vergine al crepuscolo di quella domenica sera rese con gioia lanima a Dio due arcobaleni luminosissimi apparvero nel firmamento e si allargarono fino a coprire tutta la terra, uno da nord a sud, laltro da est a ovest. Dal punto più alto, dove i due archi si univano, irrompeva una luce chiara, grande come la luna, che irraggiava cacciando 14 Ibidem, p. 122. 15 Il libro delle opere divine, trad. Pereira, p. 1129. 13 dalla cella le tenebre della notte. Dentro questa luce apparve una croce splendente, dapprima piccola, ma che si ingrandiva e veniva circondata da innumerevoli cerchi di colori diversi, su cui risaltavano tante piccole croci splendenti, una per ogni circolo e tutte più piccole della prima. Diffondendosi per tutto il firmamento, affluivano in maggior numero verso oriente e scendevano verso terra sulla casa in cui la Santa vergine era morta, illuminando tutta la montagna. (V1) 1227 Le monache di Rupertsberg fomulano ufficialmente la domanda per richiedere la beatificazione di Ildegarda. Pochi anni dopo, nel 1232, vengono redatti gli Acta inquisitionis, una raccolta di documenti necessari ad avviare il processo di canonizzazione: qui è contenuto un elenco di scritti di Ildegarda tra cui compare un Liber simplicis medicinae e un Liber compositae medicinae. Questo significa che nel periodo di 50 anni che intercorse tra la morte di Ildegarda e la redazione degli Acta inquisitionis, già si era prodotta una scissione in due degli scritti scientifici di Ildegarda. 16 XIV sec. Vengono trascritti i manoscritti più antichi della Physica che ci sono stati tramandati, non è possibile stabilire una data precisa per la loro composizione. 17 1372 In un catalogo della Biblioteca degli Agostiniani di York, recante questa data, si trova menzionato un Tractatus simplicis medicine secundum Hildeg; segnala la diffusione degli scritti scientifici di Ildegarda in Inghilterra già nel XIV secolo. 1491 È questa la data approssimativa di uno scritto dellabate Tritemio, il Catalogus virorum illustrium Germanorum. Tra gli uomini illustri è citata pure Ildegarda (!), perché "nei suoi libri di medicina, racconta in modo mistico e con unesposizione sottile, i numerosi segreti e le meraviglie della natura, che una donna non potrebbe ottenere che dallo Spirito Santo».18 La menzione fatta da Tritemio attesta che la fama di Ildegarda, ormai consolidata nel tempo, era dovuta anche alla sue opere scientifiche e non solo a quelle profetiche. 16 Moulinier 1995, p. 17. 17 Vd. infra, § 1. I manoscritti e il processo di composizione. 18 Moulinier 1995, p. 22. 14 1533 Esce la prima edizione a stampa della Physica, pubblicata dalleditore Schott di Strasburgo. Nel 1543 la Physica è edita nuovamente in una raccolta di scritti medici dello stesso editore, lExperimentarius medicinae. Pochi anni dopo, nel 1543, il nome di Ildegarda compare in un elenco di donne medico stilato dal giurista francese André Tiraqueau. La Physica non compare più nella ristampa del 1547 dellExperimentarius medicinae, forse a seguito di alcuni dubbi sollevati da Conrad Gesner sulla paternità dellopera. 1855 Compare nella Patrologia Latina a cura di Jacques Paul Migne, la prima edizione moderna della Physica.19 2010 Viene pubblicata ledizione critica della Physica.20 19 Physica, ed. Daremberg-Reuss. 20 Physica, ed. Hildebrandt-Gloning. 15 1. I MANOSCRITTI E IL PROCESSO DI COMPOSIZIONE La prima edizione moderna della Physica è inclusa nella Patrologia latina di Migne. I curatori delledizione avevano a disposizione un unico manoscritto: il lat. 6952 della Biblioteca Nazionale francese di Parigi. 21 La Physica era già stata edita in precedenza nel 1533, tuttavia a oggi risulta irreperibile il manoscritto sul quale ledizione cinquecentesca si è basata. 22 Nel secolo scorso, gli accurati studi di Moulinier, hanno fatto emergere altri frammenti e manoscritti del Liber subtilitatum; di seguito è riportato lelenco dei soli manoscritti completi, cinque, rimandando allopera della studiosa per un ulteriore approfondimento: 23 - Bruxelles, Bibliothèque Royale, 2551; - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashburnham 1323; (F) - Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ferraioli 921; - Wolfenb, Herzog August Bibliothek, Guelf. 56. 2. Aug. 4° (3591); (W) - Paris, Bibliothèque Nationale de France, ms. lat. 6952. (P) I manoscritti più antichi, risalenti al XIV secolo, sono quello di Wolfenb e di Firenze; il manoscritto di Parigi e quello del codice Ferraioli sono del XV secolo; il ms. di Bruxelles è più tardo, è stato scritto tra il XV o il XVI secolo ma non vi è certezza sulla datazione. Quelli più antichi (F e W) sono anche stati ritenuti i più attendibili. Tra i frammenti il solo utilizzato in questo studio è quello noto come Frammento di Berlino, il testo è oggi conservato in un unico manoscritto: - Berlin, Staatsbibliothek, lat. qu. 674. 21 Lo storico della medicina Charles-Victor Daremberg e Friedrich Anton Reuss, medico e professore di filologia a Wurtzbourg. 22 Vd. supra, § Cronologia. 23 Per lelenco completo comprensivo dei frammenti si veda Moulinier 1995, pp. 48-62. 16 Esso è di particolare interesse poiché la sua composizione è antecedente a quella dei manoscritti completi; venne trascritto intorno agli anni 20 o 30 del XIII secolo, a partire probabilmente dallo stesso repertorio medico del monastero di Rupertsberg da cui sono stati ricavati i testi di carattere scientifico oggi noti. Peter Dronke ha dubitato della sua autenticità, ipotizzando la presenza di passi interpolati. 24 Hildebrabdt e Gloning notano che la mano che lo ha trascritto è la stessa del codice Cheltenhamer 9303, nel quale sono anche contenuti la Vita Hildegardis, le Epistolae, la Lingua ignota e le Litterae ignotae.25 Occorre anche notare che i trattati scientifici di Ildegarda non compaiono mai nei manoscritti associati ad altri suoi scritti.26 La modalità con cui la Physica ci è stata tramandata rende difficile ricostruirne con certezza il processo di composizione: i manoscritti leggibili oggi sono distanti al minimo centocinquanta anni dalla scrittura delloriginale e presentano numerose difformità tra loro: 27 il ms. F e il ms. W procedono in parallelo ma presentano passi o parole assenti nei manoscritti di epoca più tarda. 28 Il ms. F in particolare ha una quantità di passi maggiore anche rispetto a W, e si è visto che le eccedenze riguardano prevalentemente i passi in cui vengono spiegate le ragioni dellefficacia dei rimedi descritti.29 Questa particolarità rende il contenuto di F vicino a quello del Causae et curae (se paragonati, alcuni passi sono proprio dei doppioni). Si riporta un esempio per chiarire quanto detto: nella citazione seguente, al primo paragrafo è riportata la descrizione dellacqua tratta da Physica II, 2 (in corsivo sono stati evidenziati i passi che non compaiono in P, 24 Moulinier 1995, p. 46; Pereira 2017, p. 123. 25 Hildebrandt-Gloning 2010, p. 408. 26 La principale raccolta delle opere di Ildegarda fu realizzata a Rupertsberg appena dopo la sua morte e si trova nel ms. 2 della Hessische Landesbibliothek di Wiesbaden, meglio conosciuto come RiesenkodexPhyisica né il Causae et cureae. 27 Phyisca (Physica, ed. Hildebrandt-Gloning) rende più agevole la loro comparazione. 28 Vi sono delle eccezioni, ad es.: il cap. 58 del libro III, in P è presente mentre è omesso in F, nel cap. 5 dello stesso libro (Physica, ed. Hildebrandt-Gloning, p. 182). 29 Campanini 2011, p. 20. 17 ma solo in F); nel paragrafo successivo è riportato lo stesso passo nella traduzione italiana di Campanini; al terzo paragrafo è riportato in traduzione il passo corrispondente tratto dal Causae et curae. Aqua de vivente fonte est, et de ipso etiam salientes aque sunt, que omnes sordes abluunt. Nam aqua in omni mobili creatura vitam humiditate sua subministrat, ac etiam incendium omnis viriditatis inmobilium creaturarum est. De calore humidi aeris manat; si enim calorem non haberet, dura propter frigus esset. De calore quippe defluit et de humiditate aeris manat; quod si hunc aerem non haberet, fluere non valeret. De hiis etenim tribus viribus, scilicet de calore, humore et aere velox est, ita quod nichil ei resistit, ubi ipsa superexcellit. Et multas virtutes in se habet, atque homo cum aliis creaturis absque aqua nequaquam subsistere valeret. Si autem sanguis et aqua in oculis hominis aut pre senectute aut pre aliqua infirmitate supra modum attenuantur, ad flumen vadat aut novam aquam in aliquod vas fundat et se desuper inclinans, humorem eiusdem aque oculis excipiat, et sic humor ille aquam oculorum suorum que iam in ipsis arescit excitat, et eos lucidos reddit. 30 Lacqua proviene dalla sorgente viva ed è da questa sorgente che scaturiscono anche le acque zampillanti che lavano tutte le sozzure. Lacqua apporta la vita e la viridità, grazie alla propria umidità, a ogni creatura che si muove. Scaturisce dal calore umido dellaria. Infatti, se non avesse calore, sarebbe dura a causa del freddo: scorre senza dubbio grazie al calore e scaturisce dallumidità dellaria. Se non avesse aria, non riuscirebbe a scorrere: riceve velocità da queste tre forze, calore, umore e aria e ha in sé molte virtù. Senzacqua, luomo e le altre creature non potrebbero sopravvivere. Se nellocchio di un uomo il sangue e lacqua, a causa della vecchiaia o di unaltra malattia, diminuiscono oltremisura, costui si rechi sulla riva di un fiume e versi dellacqua corrente in un vaso qualsiasi. Sporgendosi sopra, assorba con gli occhi lumidità di quel acqua: quell umore risveglierà lacqua dei suoi occhi che inaridiscono e li renderà nuovamente limpidi. 31 Dalla viva sorgente zampillano le acque, che purificano da ogni sozzura. E lacqua fluttua in ogni creatura mobile e da lei promana la viridità di tutte le creature immobili. Stilla attraverso il calore dellaria umida, e se non avesse calore, 30 Physica, ed. Hildebrandt-Gloning, pp. 171-2. 31 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 173. 18 diverrebbe dura a causa del freddo. Scorre, dunque, in virtù del calore e stilla in virtù dellumidità dellaria; infatti, se non avesse laria non potrebbe fluire.32 Lanalisi dei manoscritti della Physica condotta da Moulinier ha poi evidenziato significative anomalie che mostrano come la Phyisica abbia subito successivi rimaneggiamenti, se non vere e proprie interpolazioni. Le maggiori irregolarità si concentrano nel libro I della Physica, dedicato alle piante, e gravitano attorno al capitolo 172: lordine dei capitoli annunciato dalla tabella inziale del libro non è rispettato nel corpo, 33 inoltre dopo il capitolo 172 non è rinvenibile nessuna logica che regola la successione delle voci, e si nota anche la presenza di elementi estranei al mondo vegetale (es. il miele, lo zucchero, il latte etc.). In F in particolare, a partire dal cap. 172 si nota un cambiamento della scrittura e laggiunta di una numerazione secondaria ai capitoli che procede parallela alla prima. Anche il contenuto del capitolo dà adito a dubbi: vi è esposta una classificazione dei funghi in base allalbero dal quale crescono, che è una novità assoluta per lepoca.34 Il titolo attribuito al cap. 172 nella tabella iniziale del libro (dove sono elencati tutti i capitoli), in F e in P è De diversitate fungorum moyses, come se il contenuto del capitolo fosse da riferire ad un altro autore.35 Nemmeno lo studio dei riferimenti allopera scientifica di Ildegarda presenti in altri testi permette di risolvere la questione della composizione della Physica in modo certo, tuttavia aiuta a definirne i contorni. È Ildegarda stessa a fornirci alcune informazioni nel prologo del Liber vitae meritorum,36 nel quale dice di aver dedicato otto anni ad esporre "le sottili differenze delle diverse nature delle creature» e precisa che questo accadde fino a un anno prima della "potente visione» allorigine dellopera, che ebbe alletà di 60 anni. Dunque, se nella frase 32 Cause e cure, trad. Calef, p. 71. 33 Questa distorsione è presente, seppure in misura minore, anche nei libri della Physica dedicati agli animali. 34 Moulinier 1995, p. 214. 35 due volte in capitoli diversi, con lo stesso titolo e la stessa descrizione; oppure compaiono una volta col titolo del capitolo in volgare e una volta col titolo in latino. Per un ulteriore approfondimento si veda Moulinier 1995, pp. 93-120. 36 Libro dei meriti di vita, trad. Ghiringhelli possediamo alcuni manoscritti redatti quando Ildegarda era in vita (Moulinier 1994, p. 19). 19 riportata possiamo riconoscere un riferimento alla Physica (o allinsieme degli scritti medico-scientifici di Ildegarda), essa allora fu composta in un periodo compreso tra il 1150 e il 1158. La datazione così ricavata è compatibile con una seconda citazione che si trova nel Liber divinorum operum, scritto da Ildegarda tra il 1163 e il 1174. Ildegarda nella terza visione della terza parte parla di sé come di una "femmina incolta», per mezzo della quale la "sapienza» ha rivelato "le virtù naturali di differenti cose», assieme a "ciò che è scritto nel Libro dei meriti di vita».37 Un riferimento alla Physica si trova anche in una lettera di Wolmar, segretario di Ildegarda, 38 scritta tra il 1158 e il 1170: nella lettera egli si lamenta per lassenza della badessa e fa un elenco delle sue opere nel quale si riconosce unexpositio naturarum diversarum creaturarum. Si trovano altri riferimenti allopera scientifica di Ildegarda nella biografia scritta da Gottfried segretario della badessa dopo la morte di Wolmar e terminata dal monaco Teodorico intorno al 1181. Nella Vita Hildegardis, ad esempio, è contenuto un elenco dei suoi scritti e tra di essi vi sono quelli sulla "natura delluomo, degli elementi e delle diverse creature, così come il mezzo di ricavarne profitto per soccorrere luomo».39 In questa espressione si potrebbe già scorgere quella divisione in due dellopera scientifica di Ildegarda, che sarà esplicita nelle testimonianze successive: negli Acta inquisitionis, redatti per istruire la causa di canonizzazione di Ildegarda, vi è un elenco di opere in cui gli scritti scientifici sono divisi in un Liber simplicis medicinae e un Liber compositae medicinae. Gli ultimi due riferimenti non combaciano con quelli fatti dalla stessa Ildegarda quando parla dei suoi scritti scientifici: ella infatti non sembra dar conto della divisione in due della sua opera scientifica e sembra anche riferirsi agli scritti naturali come ad unopera conclusa. 40 Le osservazioni fatte fin qui hanno portato Moulinier a ritenere che la Physica derivi da un unico trattato, composto da Ildegarda verso gli ultimi anni della sua vita o comunque in una fase matura e a concludere che già poco dopo la 37 Il libro delle opere divine, trad. Pereira, p. 933. 38 Vd. supra, § Cronologia. 39 Moulinier 1995, p. 16. 40 Ibidem, pp. 27-28. 20 sua morte da questo scritto ne vennero ricavati due distinti. Uno di questi (probabilmente quello indicato come Liber simplicis medicinae) ha costituito il nucleo centrale del testo che attraverso successive modifiche, oggi conosciamo come Physica. Pereira, nella cronologia che è stata parzialmente riportata sopra, 41 indica per la composizione della Physica lo stesso intervallo di tempo che suggerisce Ildegarda nel passo autobiografo allinizio del Liber vitae meritorum. 41 Vd. supra, § Cronologia. 21 2. LA STRUTTURA DEL TESTO E LA LINGUA La Physica offre in nove libri una descrizione completa del mondo naturale. La struttura dellopera è la medesima in tutti i manoscritti noti.42 I libri comprendono un numero variabile di capitoli e ad ogni capitolo è associata la descrizione di una sola creatura. Quasi sempre i libri si aprono con una descrizione di carattere generale che riguarda tutte le voci contenute. Ildegarda opera così una sorta di catalogazione del creato e inserisce la Physica, seppure in modo autonomo, nel solco della tradizione enciclopedica. 43 Non vi sono discordanze tra i diversi manoscritti per i titoli dei libri, ad eccezione del libro ottavo, sui rettili, che è titolato variamente, e del secondo; tuttavia non si può attribuire con certezza ad Ildegarda lintitolazione dei capitoli.44 Di seguito è riportato lelenco dei libri:45 I. Le piante (230 capitoli) II. Gli elementi (14 capitoli) III. Gli alberi (63 capitoli) IV. Le pietre (26 capitoli) V. I pesci (36 capitoli) VI. Gli uccelli (72 capitoli) VII. Gli animali (43 capitoli) VIII. I rettili (18 capitoli) IX. I metalli (8 capitoli) Anche la lingua rispecchia limpostazione scientifica e pratica dellopera, distinguendosi nettamente dagli scritti mistici e visionari di Ildegarda: 42 Nelledizione di Schott non è presente il libro sulle pietre; Moulinier analizza le possibili motivazioni di tale omissione (Moulinier 1995, pp. 88-9). 43 Vd. infra, § 8. 44 Campanini 2011, p. 22. 45 I libri saranno di seguito indicati in numeri romani e i capitoli in numeri arabi. Questa Physica (Libro delle creature, trad. Campanini). 22 larticolazione del discorso nella descrizione delle creature è semplice e la comprensione è agevole, seppure lampio ricorso alla paratassi renda talvolta la lettura poco piacevole, come si vedrà in alcuni esempi più avanti. Quando Ildegarda deve suggerire luso pratico di una data creatura utilizza raramente limpersonale, preferendo il verbo alla terza o alla seconda persona:46 il più delle volte usa la terza persona quando si rivolge direttamente al malato; usa la seconda persona quando listruzione è rivolta ad un terzo, giudicando forse la preparazione troppo complicata, o la malattia troppo seria, perché possa occuparsene direttamente il destinatario della ricetta. Nella voce riportata di seguito, tratta dal libro I della Physica, compaiono entrambi i casi assieme: La cinquefoglia è molto calda, il suo succo contiene un po di umidità ed è efficace contro le febbri forti. della farina di semola con acqua, come se volessi fare una galletta; mescola poi con un po dolio di oliva o, se non ne hai, con un po dolio di papavero e rendila liquida in modo che sia ammorbidisca. Imbevi con quella una benda di canapa, riscaldala e avvolgila intorno al ventre di colui che soffre di febbre forti. Dopo una mezza giornata o una mezza nottata, togli la benda, riscaldala nuovamente al fuoco e mettila sul suo ventre. Fallo spesso: le febbri saranno messi in fuga e quelluomo vomiterà. Se qualcuno soffre di annebbiamento gli occhi, prenda della cinquefoglia, la metta nel vino puro e la triti, filtri attraverso una benda e conservi quel vino in un vasetto di bronzo. Al momento di coricarsi, fine strofini il contorno degli occhi, lasciandone penetrare un po allinterno, lo faccia spesso ed eliminerà lannebbiamento degli occhi. 47 Oltre alla varietà nella sintassi fra prima e terza persona, di cui abbiamo dato lesempio precedente, unaltra caratteristica linguistica che rende peculiare questopera ildegardiana, riguarda luso frequente di termini dialettali tedeschi. Le denominazioni in volgare di alcune creature sono pressoché equivalenti a quelle utilizzate nel tedesco moderno, mentre in altri casi (una minima parte) è risultata impossibile una traduzione certa; la questione è complicata anche dagli 46 Luso delle persone verbali non mostra quasi mai oscillazioni passando da un manoscritto allaltro (Campanini 2011, p. 33). 47 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 73. 23 errori di copiatura, in parte risolti grazie allanalisi comparata dei manoscritti.48 Come bene fa notare Moulinier, luso del volgare è adeguato allimpostazione generale dellopera e non è dunque da intendere che in tal senso;49 non è senzaltro attribuibile ad una scarsa conoscenza del latino, 50 di cui altrove la badessa sfrutta al massimo la potenza espressiva: si pensi al ricorso di due termini distinti, solo superficialmente equivalenti, per indicare la luce da cui originano le sue visioni, ovvero lumen e lux;51 oppure luso di espressioni estremamente suggestive come umbra viventis luminis per comunicare lineffabile.52 Di seguito si riporta il testo latino corrispondente a PH I, 137. 53 Nellesempio citato, si ritroveranno tutte le caratteristiche linguistiche di cui si è parlato, i termini in volgare sono scritti in corsivo. Ugera valde calida est, et quoddam acumen in se habet, et idem acumen valde forte est, et ideo magna et fortia ulcera, id est swern, frangit. Nam vgeram in mortario tunde, et modicum boumoleum adde, et ita frigidum super ulcus pone; quod si boumoleum non habes, modicum de hircino sepo adde, et sic in patella sueize, ac infrigidari permitte, et tunc ita frigidum super ulcus pone, et fortitudo eius venenum ed et si magne rufe et uzgedozzen / (vzgedroßen) ulcera, id est suerre / seir, in homine sunt, eandem vgeram tunde, et ei aut boumoleum aut hircinum sepum, ut supradictum est, adde, et super ulcera illa pone, et venenum, id est either, extrahit.54 Moulinier ritiene sia difficile trovare nella Physica delle costanze che possano spiegare lalternanza tra luso delle denominazioni delle creature in latino e in volgare: esclude che tale alternanza possa rispecchiare lopposizione tra prossimo e lontano, famigliare e straniero o locale e esotico, tuttavia segnala che in certi casi possa rispecchiare lopposizione domestico/selvaggio. Nellanalizzare le ragioni di queste scelte linguistiche, non si può nemmeno 48 Campanini 2011, p. 25; per un approfondimento Moulinier-Brogi 2018, pp. 117-27. 49 Moulinier 1995, p. 231. 50 Nel Liber vitae meritorum Ildegarda mostra di conoscere la denominazione latina di alcune creature che nella Physica nomina in volgare: sono la rana e il bisonte. 51 Pereira 2017, p. 20. 52 Ibidem; nellespressione si potrebbe avvertire leco della teologia negativa di Dionigi. 53 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 125. 54 Physica, ed. Hildebrandt-Gloning, p. 132. 24 trascurare che a volte la scelta della denominazione della creatura possa essere stata determinata dallarbitrio del copiatore.55 Luso del volgare (o del latino) tuttavia, potrebbe acquisire un significato più profondo se si inserisce la Physica nel panorama dellenciclopedismo medievale. Secondo la tradizione isodoriana infatti, il nome della creatura è anche lelemento rivelatore della sua essenza.56 Nellopera di Isidoro linterpretazione etimologica fornisce un nesso tra il nome e la cosa designata. Potrebbero essere intese in tal senso anche alcune scelte linguistiche di Ildegarda, dove però il nesso etimologico non si riferisce al significato simbolico della creatura come nelle Etymologiae, ma al suo uso pratico: vi sono numerosi esempi di piante la cui virtù medicinale sembra essere suggerita dal nome stesso. Ecco allora la scelta fatta da Ildegarda per i termini latini sanicula57 (PH I, 45) o consolida58 (PH I, 145), che richiamano direttamente le proprietà curative delle piante a cui si riferiscono, una infatti è indicata per le ulcere e laltra per le fratture. Oppure luso dei termini volgari luncrwz e wntwrz che mostrano lo stesso legame etimologico con il valore terapeutico della pianta designata: luncwrz59 (PH I, 29) in tedesco significa letteralmente "erba polmone», 60 e infatti la pianta è indicata per le malattie legate alla respirazione. Similmente wntwrtz:61 wunt in tedesco antico significa ferito, e difatti nella descrizione della pianta si legge che è utile per curare le lesioni dellepidermide anche gravi. Sulla scorta di queste considerazioni sembra migliore tradurre il termine wntwrz con "vulneraria» (Anthyllis vulneraria L.), in luogo della traduzione scelta da Campanini, cioè "verga doro» (Solidago virgaurea, L.).62 Il nome italiano vulneraria infatti mantiene lo stesso legame 55 Moulinier 1995, p. 215. 56 Vd. infra, § 8. 57 Physica, ed. Hildebrandt-Gloning, p. 82. 58 Ibidem, p. 136. 59 Ibidem, p. 75. 60 In italiano polmonaria. 61 Physica, ed. Hildebrandt-Gloning, p. 82. 62 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 66. 25 etimologico del termine volgare wntwrz: la radice latina vulnus ha lo stesso significato del volgare wunt.63 Moulinier rimanda a uno studio di Michel de Boüard secondo cui nelle opere enciclopediche letimologia è una delle quattro vie di accesso alla conoscenza.64 Questo punto di vista implica che alcune descrizioni della Physica siano state derivate dal nome della creatura a cui si riferiscono. In questo studio si ipotizza invece che negli esempi citati precedentemente Ildegarda abbia seguito il procedimento inverso, e cioè abbia scelto la denominazione in latino o in volgare della creatura sulla base della conoscenza empirica della creatura stessa. 63 Lipotesi ha trovato riscontro in una nomenclatura riportata da Moulinier in appendice a un suo articolo (Moulinier 1994, p. 14). 64 " » (Moulinier 1995, p. 204). 26 3. LE FONTI Una volta esaminata la struttura del testo è necessario chiedersi quali fonti Ildegarda abbia utilizzato per la composizione dellopera. Si tratta di una questione problematica, dal momento che la Physica andrebbe intesa più correttamente come unopera stratificata.65 È infatti difficile discriminare tra le fonti originali di Ildegarda e quelle da imputare a un apporto successivo. Un altro limite connesso alla difficoltà di rintracciare le fonti della Physica è rappresentato dalla mancanza degli inventari dei patrimoni librari dei monasteri dove visse Ildegarda, anche se sono noti quelli di altri monasteri o istituzioni con cui Ildegarda ebbe rapporti significativi. 66 Lultima difficoltà, la più evidente, è dovuta al fatto che Ildegarda tace volontariamente sulle fonti, 67 e ciò risulta particolarmente curioso se consideriamo che il testo è redatto in unepoca in cui il culto dellauctoritas dilagava.68 Fatte salve queste considerazioni è comunque corretto affermare che allorigine della Physica vi è un sapere medico e naturalistico allavanguardia derivato forse anche dagli scritti della Scuola medica salernitana che si innesta su una componente più tradizionale, quella compendiata nel Summarium Heinrici 69 e mutuata dalla tradizione enciclopedica e esegetica. Conformemente allappartenenza benedettina, Ildegarda conosce bene la sacra Scrittura e nella Physica si possono trovare diversi riferimenti ad essa, più 65 Vd. supra, § 1. I manoscritti e il processo di composizione. 66 Pereira 2017, p. 123. 67 Sebbene vi sia qualche riferimento, che sarà opportunamente segnalato nel seguito di questo paragrafo. 68 Questo è spiegabile in parte con il fatto che Ildegarda era già imprimatur papale, a tal proposito si veda supra, § Cronologia. 69 Etymologiae di Isidoro di Siviglia, ma anche Beda, Prisciano e Cassiodoro. Una copia di questo testo fu eseguita a Ratisbona nel XII secolo, unaltra fu fatta al monastero cistercense di Schönau da un certo Eigilo, probabilmente originario di Bingen (Moulinier 1995, pp. 175-6). 27 o meno evidenti: la descrizione del cavallo (PH VII, 8) si inspira al Libro di Giobbe (39, 22); luso medico del fegato di balena (PH V, I) si inspira al Libro di Tobia (5, 5); la descrizione del basilisco (7, 12) è imprestata in parte dallApocalisse (XII, 9); il rimedio contro la paralisi (7, 9) viene da Giovanni (11, 43). 70 Se, tuttavia, rintracciare riferimenti biblici non presenta particolari difficoltà, riuscire a definire le altre fonti da cui Ildegarda trae le sue descrizioni delle creature è assai più complesso. Gli studi di Moulinier hanno contribuito a far emergere la presenza di una fonte enciclopedica la cui diffusione è ben documentata nellarea germanica al tempo di Ildegarda, cioè il Physiologus:71 si tratta di un testo enciclopedico, redatto originariamente in greco ad Alessandria dEgitto intorno al II III secolo d.C., e diffuso nelloccidente medievale attraverso successive traduzioni in latino, realizzate probabilmente già a partire dalla fine del IV secolo. 72 Nella versione originale si compone di 48/49 capitoli che riguardano prevalentemente descrizioni di animali, solo due capitoli sono dedicati alle piante e 5/6 alle pietre. 73 La vicinanza della Physica al Physiologus, come si vedrà nella descrizione dellunicorno riportata di seguito, è molto evidente. Si noti nella descrizione tratta dalla Physica, il riferimento a "un filosofo che aveva indagato la natura degli animali»; che si tratti di Plinio il Vecchio, come sospetta Moulinier, oppure proprio dellautore del Physiologus è difficile dirlo;74 quello che è rilevante però, è che compaia un riferimento esplicito a un sapere profano. Cè un animale che in greco si chiama monoceros, in latino unicorno. Il Fisiologo dice che lunicorno ha questa natura: è un animale piccolo, simile a un capretto, è molto feroce, ha un corno in mezzo alla testa e nessun cacciatore lo può catturare. 70 Moulinier 1995, p. 173. 71 Una copia del Physiologus Thorndike 1923, vol. I, p. 498); una copia del Physiologus era posseduta dal vescovo Siward dUppsala che soggiornò a Disibodenberg nel 1138, la sua biblioteca comprendeva anche un lapidario, un erbario, sei opere di medicina, un volume di Isidoro e il Timeo (Moulinier 1995, p. 176). 72 Zambon , p. XXVII. 73 Morini 1996, pp. VII-VIII. 74 Cfr. Moulinier 1995, p. 179. 28 Ma con questo stratagemma lo catturano: conducono nel luogo dove quello dimora una fanciulla vergine e la lasciano sola nella selva.75 Lunicorno è più caldo che freddo ma la sua forza è Rifugge luomo e anche gli altri animali tranne quelli della sua specie: è per questo nature degli animali e non era mai riuscito con alcun mezzo a catturare lunicorno: di ciò si meravigliava molto. Un giorno partì per la caccia come era solito fare. Uomini, donne e fanciulli lo accompagnavano; le fanciulle procedevano separate dal gruppo e intanto giocavano tra i fiori. Un unicorno, vedendo le fanciulle, rallentò le sue falcate, savvicinò a poco a poco, si sedette a distanza sulle zampe posteriori e le contemplo accuratamente. Il filosofo, vedendo ciò, considerò il fatto molto attentamente e capì che avrebbe potuto catturare lunicorno grazie alle fanciulle: avvicinandosi a quello da dietro lo prese servendosi delle fanciulle. 76 Dalla Physica traspare anche la conoscenza degli autori classici; essi erano tornati al mondo latino attraverso i contatti con quello arabo e la loro riscoperta fu alla base di quello che è stato definito il Rinascimento del XII secolo.77 Tra gli autori classici che Moulinier menziona in relazione alle fonti della Physica vi sono Plinio il Vecchio e Ovidio. Lopera di Ovidio ebbe una profonda influenza sulla cultura del XII secolo, tanto da aver portato Traube a coniare lespressione aetas Ovidiana. 78 Moulinier accosta al contenuto della Physica le Metamorfosi di Ovidio ed individua, ad esempio, una somiglianza tra la prefazione del libro I delle piante e il mito di Deucalione e Pirra. Anche lespressione tartareus locus, usata nella descrizione del serpente basilisco, potrebbe essere stata importata dalle Metamorfosi. Inoltre Moulinier nota una somiglianza tra la prefazione del libro VIII sui rettili e le Metamorfosi I, 8. Come si diceva, un altro testo classico accostato alla Physica è la Storia naturale di Plinio il Vecchio. Si tratta, come è noto, di una monumentale opera enciclopedica composta nel I secolo d.C. con lintento di catalogare e riunire in una summa tutto il sapere dellepoca. Sia nel caso delle Metamorfosi che dellopera di Plinio non è possibile stabilire se si tratti di apporti diretti oppure 75 Il Fisiologo latino, trad. Morini, pp. 39-41. 76 Libro delle creature, trad. Campanini p. 358. 77 Haskins 1998. 78 Traube 1911. 29 mediati; indipendentemente da questo, Moulinier ritiene che si possano indicare come fonti probabili delle Physica tutti gli scritti che presentano per la prima volta una "determinata sequenza verbale» riprodotta fedelmente.79 Di seguito sono presentati i passi della Physica seguiti da quelli corrispondenti della Storia naturale individuati dalla Moulinier: Questi [i piccoli di orso] sono palline di carne bianca, prive di forma, poco più grandi dei topi, senza occhi, senza peli; hanno soltanto gli unghielli già sporgenti. Le madri a poco a poco li plasmano, leccando questa massa. 80 Quando essa [lorsa] partorisce, ciò che produce sembra carne ma non si muove, benché abbia in sé il soffio vitale, e ha già tutte le sembianze della sua forma. La madre, vedendo questo, ne soffre, lecca quellammasso e forgia tutte le sembianze con la propria lingua, finché tutte le membra sono divise le une dalle altre. 81 Tutti coloro che hanno delle dita, hanno anche delle unghie. Nella scimmia sono a forma di tegole ricurve; nelluomo, in cui crescono anche dopo la morte, sono larghe. 82 Le pietre con le quali si ricoprono i tetti sono paragonabili alle unghie delle mani e dei piedi degli uomini. 83 Colui che soffre di itterizia attaccherà lanimale morto, con le piume, sullo stomaco, litterizia si trasferirà a lui e la malattia guarirà.84 Il rigogolo è caldo e instabile e ha una natura triste. Luomo che soffre di itterizia leghi quelluccellino morto, con le sue penne, sul proprio stomaco: litterizia passerà in quello e lammalato sarà risanato.85 79 Ibidem, p. 185. 80 Plinio il Vecchio, Storia naturale, trad. trad. Borghini-Giannarelli-Marcone-Ranucci, p. 223. 81 Libro delle creature, trad. Campanini, p 356. 82 Plinio il Vecchio, Storia naturale, trad. trad. Borghini-Giannarelli-Marcone-Ranucci, p. 663. 83 Libro delle creature, trad. Campanini p. 40. 84 Plinio il Vecchio, Storia Naturale, trad. Borghini-Giannarelli-Marcone-Ranucci, p. 445. 85 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 343. 30 Sempre nel quadro dei legami col mondo antico è di grande rilevanza limmagine miniata del manoscritto di Lucca riprodotta nella fig. 3,86 tratta dalla seconda visione del Liber divinorum operum (non è tratta dalla Physica ma vi è attinente).87 Limmagine raffigura un uomo a braccia aperte inscritto in un cerchio. È forte la somiglianza di questa immagine con luomo descritto nel De architectura; è anche ben documentata la diffusione dellopera di Vitruvio nellarea tedesca già a partire dal IX secolo, si sa che una copia del De architectura era posseduta dalla vicina abazia di San Martino a Colonia.88 Per quanto riguarda invece le influenze degli autori arabi ed ebrei e quelle del sincretismo iraniano, ipotizzate rispettivamente da Paola Castelli e Hans Liebeschütz, Moulinier ritiene che siano entrambe poco probabili poiché la cronologia delle loro traduzioni non è compatibile con la possibilità che Ildegarda abbia potuto recepirle. 89 Per la parte botanica della Physica, Moulinier individua lHortulus di Walahfrid tra le possibili fonti. Il monaco svevo scrisse questopera nel IX secolo, si tratta di una composizione in versi dove vengono descritte le proprietà terapeutiche di 23 piante e anche i loro legami mitologici. Come lui, Ildegarda riconosce le stesse virtù della rosa, raccomanda il marrubio per gli stessi usi, fa la stessa distinzione di diverse varietà di menta etc. 90 Va poi evidenziato il legame della Physica con una letteratura prettamente medica, che Ildegarda doveva certamente conoscere: nella voce sulleuforbia tratta dal libro I, viene detto che la pianta "non ha alcuna altra utilità se non quella scoperta dai filosofi della medicina». 91 Oltre a questo riferimento esplicito, vi sono altri indizi che mettono in relazione la Physica ai testi medici: le indicazioni di quantità delle ricette sono ad esempio le stesse utilizzate nei testi della Scuola medica di Salerno, anche se nella maggior parte dei casi Ildegarda si esprime in 86 Infra, § Appendice. 87 Per i legami tra la Physica e la cosmologia di Ildegarda si veda infra, § 5. Il cosmo. 88 Moulinier 1995, p. 177. 89 Ibidem, p. 184. 90 Ibidem. 91 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 71. 31 termini di proporzione e non con lindicazione di valori assoluti di. Moulinier prende anche in esame alcuni termini che compaiono nella Physica. I due principali sono tyriaca92 e paulinum.93 Il primo termine richiama il nome di una composizione farmaceutica molto diffusa nel medioevo, la theriaca,94 menzionata anche negli scritti della Scuola medica salernitana. Il secondo termine, paulinum, compare in un antidotario del IX-X secolo, lAntidotario di Reichenau, ma anche negli scritti posteriori della scuola di Salerno, in cui la farmacopea greco-latina coabita con i nuovi ingredienti dei testi arabi. 95 Sebbene il bagaglio di conoscenze mediche di Ildegarda sembri risentire dellinfluenza di questi nuovi apporti, tuttavia nella Physica e anche nel Causae et curae, mancano alcune tematiche tipiche degli autori arabi.96 Non si può nemmeno dire con certezza se le informazioni mediche di Ildegarda provengano dagli scritti pre-salernitani o proprio da quelli della scuola di Salerno. È vero che linfluenza della scuola medica di Salerno nellEuropa del nord, è attestata già a partire dal XII secolo; tuttavia lo è meno la diffusione dei testi nellarea di lingua tedesca: lunica documentazione oggi disponibile riguarda la biblioteca del vescovo Bruno di Hildesheim. 97 Moulinier ha comunque individuato alcuni testi della scuola di Salerno che potrebbero avere lasciato uninfluenza più diretta, "leure marque», sul Liber subtilitatum. Tra questi in particolare il De aegritudinum curatione tractatus. In esso la studiosa riscontra la presenza di alcune sequenze verbali presenti ugualmente nella Physica; il criterio è analogo a quello adottato da Moulinier per includere tra le possibili fonti della Physica la Storia naturale. Di seguito sono riportati alcuni passi del De aegritudinum curatione tractatus, messi a confronto con quelli corrispondenti della Physica, che faccio seguire dalla mia traduzione. 92 Physica, ed. Hildebrandt-Gloning, p. 374. 93 Ibidem, p. 152. 94 Ibidem, p. 179. 95 Moulinier 1995, p. 188. 96 Come quella sulla gradazione delle qualità degli elementi. 97 Sulla lista dei libri che possedeva nel 1161 il vescovo Bruno di Hildesheim, 12 su 26 sono opere di Costantino lAfricano (Moulinier 1995, p. 178). 32 Accipe ergo odeboren et caput eius, et intestina/ingeweide eius abice, atque omnes pennas eius aufer, et reliquum cadaver in nova olla modico foramine perforata absque aqua ad igne incende, et sub ollam istam aliam novam pone, et smalz effluentem ita excipe. 98 Prendi una cicogna e la sua testa, getta via le viscere e spennala. Fai cuocere il resto del corpo senzacqua in una pentola nuova con un piccolo foro e sotto la pentola ponine unaltra nuova. Accipe unum serpentem rufum vel plures et abscissis capitibus et caudis spatia quatuor digitorum, reliquum prejectis interioribus ponatur in olla interius perforata. sub qua sit alia olla sic preparata. ut fundus superius olle contineatur in orificio inferioris, et sigilletur vel creta vel pasta, nec aqua possit intrare. 99 Prendi uno o più serpenti marroni e taglia via la testa e la coda a quattro dita dalla fine, togli le viscere e metti ciò che resta in una pentola forata allinterno, sotto la quale sia posta unaltra pentola così preparata: il fondo di quella superiore deve essere contenuto nellapertura di quella inferiore, e deve essere sigillato in modo che lacqua non possa entrare. Sed et qui multum flecma in capite et circa pectus habet, et ideo plurimum sordis excreat, et qui etiam fetentem anhelitum habet, radicem beonie in modicas rotulas incidat, et hiis etiam de semine eius addat, et in vino fervere faciat, et ita moderate sepe calidum bibat. 100 Chi ha molto flegma nella testa e nel petto e per questo espelle feci abbondanti e ha lalito fetido, tagli delle radici di peonia in piccole rondelle, aggiunga del seme di peonia, faccia bollire nel vino, e così ne beva spesso caldo con moderazione. Radix pioniae et si per rotulas incidatur et recens collo suspendatur, immisso filo et maxime pueris. 101 La radice di peonia sia tagliata a rondelle, infilata in una collanina, e sospesa al collo di un bambino. 98 Physica, ed. Hildebrandt-Gloning, p. 297. 99 De aegritudinum curatione tractatus, ed. De Renzi, p. 118. 100 Physica, ed. Hildebrandt-Gloning p, 126. 101 De aegritudinum curatione tractatus, ed. De Renzi, p. 114. 33 Experimentum patris mei contra epilempsiam. prodet. 102 Il decotto di vino e radici di peonia è benefico [per gli epilettici]. Come si vedrà meglio nel capitolo successivo,103 Ildegarda tende a ricondurre anche i suoi scritti naturalistici alla stessa sorgente trascendente dei suoi scritti visionari. Tuttavia, lo studio condotto fin qui mostra con chiarezza come Ildegarda fosse al corrente delle nuove idee mediche e naturalistiche e le abbia integrate con quelle più tradizionali. È la stessa Ildegarda a denunciare la conoscenza dei testi filosofici in un passo della Vita abbreviata: Che da allora in poi, dato che la luce vivente che sta nella sua propria ombra rimase presso di me, compresi e conobbi gli scritti dei profeti, i commenti dei vangeli e degli altri santi e di alcuni filosofi, pur non possedendo alcuna umana dottrina, e alcuni li spiegai, per quanto avessi a malapena qualche rudimento delle lettere. 104 Un altro riferimento a un sapere profano si trova in un passo del Frammento di Berlino dove si legge: Pagani philosophi ut donatus, lucanus erant precurrens sucus et precurrens vox philosophorum ecclesie. Sol per totam terram lucet; ita et exspiratio spiritus sancti. Quod homo intellectum habet, possibilitas anime est. 105 I filosofi pagani come Donato e Lucano furono predecessori della forza e della voce dei filosofi della chiesa. Il sole risplende su tutta la terra; e così linspirazione dello Spirito Santo. Ciò di cui luomo ha intelletto, la possibilità è nellanima. In base a quanto si è analizzato in questo capitolo, si può concludere che le conoscenze naturalistiche, mediche e farmaceutiche raccolte da Ildegarda nella Physica siano state certamente arricchite dal contatto dellautrice con scritti medici ed enciclopedici, oltre che filosofici. Tale processo è simile a quello osservabile nelle opere visionarie dellautrice, in cui è possibile rintracciare le influenze di testi della tradizione filosofica. Come vedremo più avanti, in 102 Ibidem, p. 113. 103 Infra, § 4. 104 Pereira 2017, p. 22. 105 Berliner fragment, ed. Hildebrandt-Gloning, p. 419. 34 particolare nei capitoli 5 e 7, è possibile anche individuare delle somiglianze tra il contenuto della Physica e quello di altre opere note della cultura filosofica contemporanea a Ildegarda: in particolare si vedrà come la descrizione della natura inclusa nella Physica sia particolarmente affine a quella offerta da Guglielmo di Conches nel Dragmaticon. 35 4. LOSSERVAZIONE DELLA NATURA Una volta delineata la struttura dellopera e affrontata la problematica questione delle fonti, è possibile addentrarsi nello studio del contenuto filosofico della Physica. Un primo aspetto di rilievo, in tal senso, è linteresse stesso per lindagine naturale da parte dellautrice, che pur essendo sempre presente, sebbene talvolta in maniera larvata, in altre opere ildegardiane diventa pienamente visibile e centrale nella Physica. Pereira nota ad esempio come la descrizione della quarta visione della prima parte del Liber divinorum operum, dove è spiegata la fisiologia umana con lanalisi dei rapporti fra corpo, anima e cosmo, 106 sia nutrita delle più aggiornate conoscenze mediche del tempo.107 Nella stessa opera, nella seconda visione della prima parte, il complesso simbolismo animale utilizzato sembra sottendere una nuova concezione della natura 108 che fa scorgere una più profonda integrazione fra luomo e il creato e in cui il senso dellanimale non è più quello puramente negativo della bestia apocalittica.109 È tuttavia solo nella Physica che questo interesse assume una valenza del tutto originale: lo sguardo con cui qui la mistica si rivolge alle cose della natura non è lo sguardo di chi vuole scorgere in esse un qualche ordinamento teleologico a cui comunque non possono essere estranee trattandosi per lappunto di creaturae e non di res;110 è piuttosto lo sguardo della ricercatrice, che guarda alla natura con lintento di ricavarne una qualche utilità per luomo. Nella lettura dellopera, alcune descrizioni trasmettono proprio la sensazione di essere frutto dellosservazione diretta, che è il punto di partenza di ogni indagine naturale condotta con metodo scientifico. Si riporta a titolo di esempio un passo tratto dal libro sui pesci: ungo la riva, unerba rossa e spinosa che lo feconda. Quando vuole deporre le uova, la femmina cerca un piccolo anfratto dove le depone, poi si 106 Il libro delle opere divine, trad. Pereira, pp. 377 e sgg. 107 Pereira 2017, p. 112. 108 Cristiani-Pereira 2003, p. 1153. 109 Cristiani 2003, p. LXXXI. 110 Campanini 2011, p. 35. 36 sposta ed entra in un altro piccolo anfratto dove continua a emetterle, e passa così di anfratto in anfratto fino a quando ha emesso tutte le sue uova; poi il maschio spande sopra il suo latte e, in tal modo, i semi ricevono laria vitale. Capita talvolta che quel pesce muoia nelle acque: questo avviene destate, quando cè molto caldo. 111 È nelle descrizioni del libro V della Physica infatti che Ildegarda raggiunge il massimo grado di adesione alla realtà; molti passaggi sono effettivamente paragonabili a quelli di un moderno manuale di ittiologia: nel passo riportato sopra e nei due passi riportati di seguito, tratti dallo stesso libro, Ildegarda riconosce il fototropismo di alcune specie di pesci, descrive la composizione della loro alimentazione e arriva persino a differenziare tra la frega in acque libere e quella in acque protette. Lo storione beluga proviene dallaria calda piuttosto che da quella fredda, ama la luce notturna della luna e delle stelle, preferisce la notte al giorno e di giorno si riposa. Procede nelle acque la cui corrente è forte e rapida e le predilige. Nuotando in quelle acque si affatica a tal punto che la sua carne ne diviene rammollita. Nuota a media profondità e ricerca raramente il fondo. 112 Il ghiozzo proviene più dellaria umida che da quella secca, ama la notte e vive sia vicino al fondo sia alla superficie delle acque; sta volentieri anche nei piccoli mmine che maschi. Si strofinano contro le rocce o nella sabbia ed è così che si formano le uova che la femmina riceve: in questo modo diventa feconda. Quando poi spande le sue uova nella schiuma delle acque, queste, da muco che erano si coagulano senza il latte del maschio. 113 Moulinier evidenzia come nel libro V della Physica siano presenti informazioni non rintracciabili in alcuna delle fonti anteriori o contemporanee a Ildegarda: 114 ciò confermerebbe che tale sezione del testo sia frutto dellosservazione dellautrice. In effetti è proprio il ruolo centrale che riveste losservazione nello studio della natura condotto nella Physica, unitamente alluso 111 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 291. 112 Ibidem, p. 282. 113 Ibidem, p. 297. 114 Moulinier 1995, p. 209. 37 pratico delle conoscenze così ricavate, che ha fatto ritenere Ildegarda una "Naturforscherin» ante litteram.115 Nel caso della badessa tuttavia non è ravvisabile un approccio metodologico preciso: losservazione sembra nascere da uno spontaneo interesse verso la natura che si coniuga in modo vario al ricorso alla tradizione (verosimilmente anche quella orale), allesperienza (ricavata dalla pratica medica che condusse in monastero) e non ultima a una potente intuizione, intesa come la facoltà dellintelletto che le permette di cogliere quegli aspetti non immediatamente percepibili dai sensi. Questa innovativa valorizzazione del dato sensibile non si ferma alla descrizione delle creature, ma si manifesta anche nel tentativo dellautrice di fornire una spiegazione ai fatti osservati. Lesempio riportato di seguito è particolarmente significativo, poiché riprende un tema peculiare dellenciclopedismo, quello dellermafroditismo della lepre, di cui Ildegarda dà una spiegazione tutta naturale. La lepre è più calda che fredda ed è mansueta e agile come un capriolo. Sembra talvolta cambiare di sesso, cioè che il maschio ritiri talvolta allinterno i propri genitali, al punto da sembrare una femmina, e talvolta no, e la femmina faccia apparire in prossimità dellombelico una sorta di osso e di budello, al punto da sembrare quasi un maschio, ma non è assolutamente un maschio. Né il maschio sarà femmina, né la femmina sarà maschio: il maschio non può generare e la femmina non possiede il seme maschile. 116 Una caratteristica che invece distanzia il contenuto della Physica da un approccio propriamente naturalista è lassoluta mancanza di una descrizione morfologica delle creature osservate. Questo fatto può essere compreso se lo si rapporta al proposito che Ildegarda dichiara sin dal titolo dellopera: ciò che le interessa maggiormente sono le caratteristiche sottili delle creature e non il mero aspetto fisico. Sempre a questo riguardo è da notare come nelle descrizioni della Physica manchi quasi del tutto il colore. I colori sono menzionati estremamente di rado e solitamente per significare una qualità più interiore che estetica. Si veda a tal proposito il passo riportato di seguito, in cui il riferimento al colore verde indica non solo una caratteristica estetica ma anche il possesso di una certa 115 Fisher 2014. 116 Libro delle creature, trad. Campanini, pp. 373-4. 38 vitalità; questa ambivalenza di significato attribuita allaggettivo verde (viridis) sarà meglio esaminata nel capitolo 6, dove sarà messa in relazione al concetto di viriditas. Il picchio è caldo, deriva dallaria pura e vola a media altezza, è veloce e ama il calore e lestate. Il suo nutrimento non è velenoso. Il picchio di colore verde (viridis) è migliore e più robusto di qualunque altro. Gli altri hanno certo valore a sufficienza, ma non come quello che è verde. 117 Luso raro dei colori nelle descrizioni della Physica, contrasta con le ricche notazioni cromatiche che invece rendono estremamente vivide le descrizioni contenute nelle opere visionarie di Ildegarda, tanto da aver consentito la realizzazione di magnifiche miniature. 118 Sorprende ad esempio, nella lunga descrizione della Physica dedicata allo zaffiro (PH IV, 6),119 lassenza di riferimenti al colore, che invece caratterizza la visione delle tre fiamme della trinità, tratta dallo Scivias (fig. 1):120 Vidi una fulgidissima luce ed in essa una forma duomo color zaffiro che avvampava tutto di un fuoco rutilante soavissimo, e quella luce splendida si diffuse per lintero fuoco rutilante, e questo fuoco rutilante per lintera luce splendente, e quella luce fulgidissima e quel fuoco rutilante per lintera forma delluomo, producendo un solo lume di ununica virtù e potenza.121 È difficile trovare una spiegazione a questa disparità: viene quasi da pensare che luniverso fisico risulti sbiadito a confronto di quello ultraterreno. Il ricorso allosservazione è presente anche nel Causae et curae, tuttavia non nel senso nuovo con cui compare nella Physica. Nel Causae et curae infatti luso dellosservazione è limitato al corpo umano e allaspetto medico. In questo contesto il dato osservato è in realtà mutuato dalla tradizione medica la cui letteratura sin dallantichità dava importanza allosservazione dei segni esteriori 117 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 332. 118 Vd. Salvatori 2019; per la simbologia dei colori nelle opere visionarie si veda in particolare Meier 1972. 119 Libro delle creature, trad. Campanini, pp. 247-49. 120 Infra, § Appendice. 121 Scivias, ed. Führkötter-Carlevaris, p. 124. 39 per effettuare diagnosi e prognosi più che essere il frutto di una autentica esperienza conoscitiva. Si comprende meglio quanto detto, se si paragonano i passi fin qui citati della Physica con quelli del Causae et curae riportati di seguito. Un uomo sano, le cui guance sotto la pelle siano di colore rossastro o leggermente rossastro, sì che questo colore sia visibile sotto la pelle come quello di una mela, trasparente e pura, possiede i segni della vita, dal momento che il colore rossastro delle sue guance è visibile sotto la pelle, come accade a una nuvola bianca attraverso la quale, talvolta, si intravede una nuvola azzurra. 122 Chi, invece ha gli occhi neri o torbidi, come talvolta lo sono le nuvole, li deve soprattutto alla terra; e questi sono più forti e più acuti di tutti gli altri occhi, e conservano a lungo lacume della vista, essendo fatti del vigore della terra. Tuttavia, vengono danneggiati facilmente dall umore della terra, dall umidità delle acque e delle paludi, come anche la terra viene corrotta dall umore cattivo e dalla grande umidità delle acque e delle paludi. 123 Cè poi da fare una digressione riguardante il paradigma epistemologico di Ildegarda, che è quello peculiare di una mistica: lorigine della conoscenza è nella visione, "quel che non vedo, non lo conosco», scrive in una lettera a Ghiberto di Gembloux. 124 Anche in un passaggio autobiografico della Vita Ildegarda afferma di comprendere intuitivamente, senza avere ricevuto alcuna istruzione. 125 È Ildegarda stessa a spiegarci le caratteristiche di questa sua privilegiata capacità conoscitiva in un passo tratto dalla Vita abbreviata: Dallinfanzia, invero, e fino al giorno doggi, che ho più di settantanni, continuo a vedere questo splendore, e non lo percepisco con gli occhi esteriori né nei pensieri del cuore né con linsieme dei sensi esterni, anzi gli occhi esteriori rimangono aperti e tutti gli altri sensi normalmente vigili. 126 È sempre Ildegarda a distinguere nettamente questo canale da quello della conoscenza ordinaria: 122 Cause e cure, trad. Calef, p. 362. 123 Ibidem, p. 178. 124 Cristiani 2003, p. XXVI. 125 Moulinier 1995, p. 171. 126 Pereira 2017, p. 19. 40 Di quello che vedo e aprendo in quella visione, inoltre, conservo il ricordo per molto tempo, nello stesso momento vedo, ascolto e conosco, e quasi istantaneamente comprendo quel che conosco. Invece, le cose che non vedo non le conosco, perché sono quasi priva di istruzione. 127 Non è possibile dimenticare questo aspetto nemmeno quando ci si accosta alla sua opera scientifica, daltro canto è Ildegarda stessa a ricondurre proprio alla modalità della visione la genesi del Liber subtilitatum, giacché nel prologo del Liber vitae meritorum scrive: E accadde nove anni dopo che a me, creatura semplice, la vera visione aveva manifestato vere visioni, intorno alle quali dieci anni mi ero affaticata; questo fu il primo anno che la visione mi aveva mostrato, perché le esponessi chiaramente, le sottili differenze delle diverse nature delle creature. 128 Nei passi fin qui esaminati si vede come losservazione della natura condotta nella Physica sia portatrice di un nuovo modo di concepire il mondo fisico: la natura infatti acquisisce un significato in sé e non è più posta in relazione ad una sua interpretazione in chiave morale o teologica. Questo aspetto differenzia nettamente il contenuto della Physica da quello degli scritti profetici di Ildegarda, nei quali invece permane uninterpretazione allegorica. Nel Liber divinorum operum, ad esempio, la descrizione fisica del cosmo, anche se permeata di un forte naturalismo, è sempre intrecciata a riflessioni di carattere spirituale, morale, teologico o escatologico. È solo nel Liber subtilitatum che Ildegarda opta con decisione a favore di una descrizione della realtà secundum physicam, dove però ciò che le interessa analizzare non sono le caratteristiche esteriori delle creature, ma le loro proprietà intrinseche. In conclusione, va segnalato come nella Physica linteresse per le scienze naturali non sia mai disgiunto da un intento pratico. Il capitolo 7 dedicato alla salute ne fornirà una chiara dimostrazione. 127 Ibidem, p. 20. 128 Libro dei meriti di vita, trad. Ghiringhelli, p. 59. 41 5. IL COSMO La visione della natura presentata da Ildegarda nella Physica si richiama a un contesto di saperi filosofico-naturalistici comuni e diffusi nel XII secolo. Il creato appare intessuto da una trama costitutiva fondamentale, ovvero quella dei quattro elementi empedoclei: terra, acqua, aria e fuoco, da cui dipendono le qualità fondamentali della materia (calda, fredda, umida e secca). La teoria degli elementi, originariamente esposta da Empedocle e sviluppata da Aristotele, giunge attraverso la sintesi della scuola di Galeno a numerosi autori del XII secolo. Nel capitolo 7 vedremo, ad esempio, come Guglielmo di Conches, maestro della scuola di Chartres e contemporaneo di Ildegarda, elabori nel suo Dragmaticon un preciso schema del rapporto tra i quattro elementi e le loro qualità; la stessa teoria è ripresa anche da Teodorico di Chartres nel Trattato sui sei giorni della creazione. Negli esempi seguenti possiamo notare come le qualità fondamentali della materia siano menzionate in ogni descrizione della Physica: Il papavero è freddo e un po umido. I suoi semi, se se ne mangiano, provocano il sonno, placano il prurito e bloccano i pidocchi e le lendini. Possono essere mangiati bolliti, ma sono migliori e più efficaci crudi che cotti. Lolio che se ne estrae non nutre né ristora luomo e non gli dà completamente salute né malattia. Quellolio è freddo, mentre i semi sono caldi. 129 Il trifoglio è al tempo stesso caldo e freddo ed è anche secco e utile per nutrire il bestiame. Il suo valore per la medicina è mediocre, se si eccettua il suo impiego contro lannebbiamento della vista.130 Lo zaffiro è caldo. Si forma nella seconda metà della giornata, quando il sole nel suo ardore brucia così forte che laria se ne trova alquanto ostruita. Allora lo splendore del sole che deriva dalleccesso di ardore attraversa laria come una sferzata, al punto che il suo fulgore non appare così pienamente come fa quando laria è alquanto temperata. Per questo lo zaffiro è anche torbido e la sua natura è di fuoco più che daria o dacqua.131 129 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 103. 130 Ibidem, pp. 103-4. 131 Ibidem, p. 247. 42 È opportuno notare che nel Liber subtilitatum, vi è un libro, il secondo, intitolato "Gli elementi»; 132 tuttavia questi non sono qui da intendere in senso cosmologico, come componenti fondamentali della natura, ma vengono descritti prevalentemente in chiave naturalistica, come cioè luoghi naturali. A riprova di questo il fatto che nel libro II della Physica vi sono anche voci per descrivere il mare, i fiumi e i laghi (in tutti questi elementi predomina lelemento acqua) e sono descritti anche diversi tipi di terre, mentre non troviamo alcuna descrizione per lelemento fuoco. Questa distinzione è in qualche modo analoga a quella elaborata da Guglielmo di Conches, nel già citato Dragmaticon, tra gli elementi puri e invisibili, e quelli misti che invece sono percepibili dai sensi. Per chiarire meglio quanto detto si riporta un passo tratto dal libro II della Physica. Il lago nasce dal limpido del mare. Il suo fondo e la sua sabbia sono sordidi come una palude, poiché talvolta si solleva sotto leffetto delle tempeste e talvolta sotto lo stesso effetto torna basso. La sua acqua non è sana per la digestione né per conservare la buona salute, né assunta a crudo come bevanda né cotta allinterno dei cibi, poiché proviene dalla spuma del mare. Chi vi fa il bagno o lo utilizza per lavarsi il viso ottiene una pelle bianca e sana allesterno, poiché quellacqua è salata, ma allinterno gli fa male. Nel lago si trovano diversi pesci provenienti dal mare, che divengono sani e grassi grazie alla salinità del suo fondo sabbioso. 133 Per una descrizione degli elementi nella loro forma pura occorre, invece, fare riferimento ad altri scritti di Ildegarda, particolarmente alle visioni del Liber divinorum operum e dello Scivias, che è opportuno qui richiamare, poiché in esse troviamo la matrice cosmologica allinterno della quale si svolge lindagine naturale del Liber subtilitatum. Limmagine dello Scivias per rappresentare la stratificazione degli elementi è quella delluovo cosmico (fig. 2):134 unimmagine naturale, quasi biologica, che ha il suo prototipo nellorfismo.135 Il lessico che usa Ildegarda per descrivere tale visione è interessante: luovo è una sorta di instrumentum, a rendere lidea che il 132 Il titolo del capitolo nel codice Ashburnham, I quattro elementi (Physica, ed. Hildebrandt- Gloning , p. 171), è ancora più fuorviante. 133 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 175. 134 Infra, § Appendice. 135 Cristiani-Pereira 2003, p. 1149. 43 funzionamento della natura proceda secondo unarticolazione che è quasi meccanica, secondo una razionalità basata sulla regolarità dei rapporti tra le sue parti. Proprio questultimo aspetto sarà ancora più evidente nella seconda visione della prima parte del Liber divinorum operum. La successione degli elementi presentata nello Scivias è anche in questo caso la stessa, pur se appena più complicata, di quella che ritroviamo in un passo del Dragmaticon di Guglielmo di Conches: Il mondo, affermano i filosofi, è fatto a similitudine di un uovo: come in mezzo alluovo cè il tuorlo, da ogni parte del quale cè lalbume, e intorno allalbume una pellicola e, intorno ad essa, il guscio; così in mezzo al mondo cè la terra, intorno alla quale, da ogni parte, scorre lacqua, e, intorno allacqua, laria, e, intorno a questa, il fuoco, al di là del quale non cè nulla.136 Nel Liber divinorum operum invece limmagine utilizzata per rappresentare il cosmo è quella di una ruota. La descrizione fisica della distribuzione degli elementi è fortemente geometrica e rispecchia precise proporzioni: il cerchio più esterno è quello del fuoco lucente, che supera del doppio il cerchio del fuoco nero sottostante. Al di sotto è posto il cerchio delletere puro che in estensione è uguale alla somma degli altri due. Procedendo verso il centro si incontra il cerchio dellaria umida, esteso quanto quello del fuoco lucente; al di sotto di questultimo si trova il cerchio dellaria forte, che ha la stessa estensione di quello del fuoco nero. Sotto al cerchio dellaria forte vi è quello dellaria tenue e al centro di esso il globo terrestre, il cui diametro eguaglia la profondità del cerchio dellaria tenue. 137 Per comprendere meglio quanto detto si veda lo schema seguente tratto da Liebeschütz 1964, p. 60. 136 Guglielmo di Conches. Dragmaticon, trad. Maccagnolo, p. 39. 137 Il libro delle opere divine, trad. Pereira, pp. 168-9. 44 Seguendo attentamente la traduzione di Pereira del Liber divinorum operum si è provato a ricostruire lo schema geometrico del cosmo (il disegno ottenuto è riportato di seguito nel testo): la dimensione del globo terrestre è minore rispetto al disegno precedente e la sfera del cosmo mostra una struttura geometrica più regolare. Ciò è dovuto probabilmente al fatto che Liebeschütz ha utilizzato come base per il proprio schema il raggio della terra e non il diametro, come indicato nella traduzione del Liber divinorum operum utilizzata, il che falsa tutta la costruzione del disegno, poiché nella descrizione che fa Ildegarda del cosmo, è la dimensione della terra a dare la misura di tutte le altre circonferenze. La sfera del cosmo che risulta da questa seconda costruzione, è divisa in tre grandi settori di dimensioni uguali (indicati in numeri arabi nel disegno seguente), in cui quello centrale corrisponde al globo terrestre. La porzione più esterna è a sua volta divisa in tre parti: Ildegarda nella descrizione della seconda visione associa insieme il cerchio del fuoco nero a quello del fuoco lucente, così come quello dellaria acquosa a quello dellaria forte; i cerchi così uniti formano una seconda suddivisione in tre zone di uguali dimensioni (sono indicate in numeri romani nel disegno seguente). Lindagine naturale condotta da Ildegarda nella Physica 45 riguarda una porzione ben precisa del creato, che dovrebbe corrispondere alle zone 1 e 2 della ruota cosmica. Nella parte successiva della seconda visione del Liber divinorum operum,138 al centro della ruota compare una figura umana, sulla quale si incardina tutta la sfera del creato: Ildegarda rende così, con la forza dellimmagine, la novità della sua concezione. È luomo, con le proporzioni del suo stesso corpo a dare la misura del cosmo. Il corpo umano si sovrappone completamente alla sfera degli elementi, comprendendoli, e diviene così limmagine del microcosmo. Lo stesso concetto è esplicitato, con uno stile diverso da quello visionario, in un passo del Frammento di Berlino (il cui testo completo è disponibile nelledizione critica della Physica di Hildebrandt e Gloning) dove Ildegarda scrive: 138 Il libro delle opere divine, trad. Pereira, pp. 169 e sgg. 46 Unde homo omnia scit. Ignem, aerem, aquam, terram et cetera in se habet; et hec omnia animam non ledunt, corpori autem sepe nocent. 139 Onde luomo conosce tutte le cose. Il fuoco, laria, lacqua, la terra e ha in sé le altre cose; e tutte queste cose non ledono lanima ma spesso nuocciono al corpo. Lo scritto da cui è tratta la citazione appartiene al lascito scientifico di Ildegarda e contiene una serie eterogenea di frammenti, come fosse una raccolta di appunti. Il contenuto del Frammento di Berlino ha forti analogie anche con il Liber divinorum operum: nel Frammento di Berlino infatti vengono descritti i venti cosmici con le stesse allegorie animali e vi è anche una dettaglia descrizione dei pianeti che è assente sia nel Causae et curae che nella Physica.140 Per questo si potrebbe ipotizzare che il contenuto del Frammento di Berlino possa costituire una sorta di anello di congiunzione tra la cosmologia di Ildegarda, in particolar modo quella del Liber divinorum operum, e gli scritti naturalistici. La complessa struttura del cosmo viene ulteriormente illustrata da Ildegarda nella seconda parte della seconda visione del Liber divinorum operum. Qui le diverse parti che costituiscono lordine cosmico sono messe in relazione luna con laltra. Un ruolo di rilievo allinterno di questa complessa rete di rapporti è svolto dai venti. Nella miniatura tratta dal manoscritto di Lucca (fig. 3) 141 si vedono i venti, rappresentati da teste zoomorfe collocate tra la sfera del fuoco e quella dellaria. Limmagine descritta da Ildegarda nella seconda visione ricorda la simbologia della rosa dei venti: ad ogni vento principale, posto in corrispondenza dei punti cardinali, sono associati due laterali, che hanno la funzione di bilanciarne lazione. In questo caso alla simbologia animale a differenza che nella Physica è attribuito un significato allegorico. Ildegarda nel corso della spiegazione della visione descrive una sorta di macchina eolica: i venti (principali e secondari), seguendo una precisa dinamica, entrano in relazione luno con laltro per poi spirare tutti in direzione del centro, verso la figura umana. Essi, oltre a creare una 139 Berliner fragment, ed. Hildebrandt-Gloning, p. 416. Il passo sembra anche richiamare Periphyseon: cfr. Cristiani-Pereira 2003, p. 1257, nota 180. 140 Ibidem, pp. 411-431. 141 Infra, § Appendice. 47 sorta di struttura portante del cosmo, sembrano svolgere la funzione di trasmettere lenergia delle sfere superiori che deriva in ultima istanza dalla divinità a quelle inferiori. Si può rilevare una certa corrispondenza tra la funzione dei venti a livello cosmico e quella dellaria a livello fisico: allaria nella Physica è infatti attribuita la prerogativa di trasmettere la viriditas.142 Si riporta a tal proposito la descrizione dellaria tratta dal libro II della Physica: Laria è un soffio che si diffonde in ciò che spunta grazie alla linfa degli umori, cosicché tutto verdeggia: con il suo respiro fa sbocciare i fiori e grazie al suo calore porta tutto a maturazione. Laria che è vicina alla disposizione della luna e delle stelle porta agli astri lumidità, proprio come laria terrena vivifica e fa muovere la terra, gli animali razionali e le cose sensibili, ciascuno secondo la propria natura, ed essi la fanno diminuire. Tuttavia, quando quegli stessi animali muoiono, laria ritorna al proprio stato precedente: non aumenta per questo, ma resta comera stata in precedenza. Laria terrena, che porta lumidità della terra, fa verdeggiare e scuote gli alberi e le erbe. Non diminuisce quando è in essi e non aumenta quando, se vengono strappati o estirpati, da essi si allontana, ma resta nello stato in cui si trovava in precedenza. 143 Nella stessa visione del Liber divinorum operum oltre ai venti vengono descritti i pianeti. Ognuno di loro è collocato in corrispondenza di una precisa zona cosmica. 144 I pianeti emanano dei raggi, che li collegano luno con laltro. Gli stessi raggi collegano i pianeti alle teste zoomorfe da cui soffiano i venti, e anche a precise parti corporee delluomo rappresentato al centro della sfera. Ildegarda costruisce così una complessa mappa analogica del cosmo che costituisce la base teorica e ontologica delle pratiche terapeutiche descritte nella Physica: è infatti solo in virtù delle relazioni sottili già stabilite a livello macrocosmico, che una creatura può svolgere una certa azione su di unaltra. La visione del Liber divinorum operum forse più affine alla Physica è la quarta: 145 nella miniatura del manoscritto di Lucca che rappresenta la visione (fig. 142 Sul concetto di viriditas si veda infra, § 6. 143 Libro delle creature, trad. Campanini p. 173. 144 Saturno, Giove e Marte nel cerchio del fuoco lucente; il Sole nel cerchio del fuoco nero; la 145 Il libro delle opere divine, trad. Pereira, pp. 354 e sgg. 48 4) 146 infatti, si vedono disegnate fuori scala sulla superfice della terra, le sagome delle creature che saranno loggetto dello studio della Physica. Nella quarta visione del Liber divinorum operum, come in un ingrandimento fotografico, il globo terrestre della visione precedente passa in primo piano e Ildegarda, con un accento fortemente naturalistico, descrive come la terra, attraverso i venti, riceve le influenze elementari e planetarie delle sfere superiori. 147 Accostando la Physica al Liber divinorum operum, in particolare alla parte cosmologica a cui si è fatto cenno, si ha la sensazione che le due opere esplorino due dimensioni distinte ma complementari della realtà. Mentre nella Physica Ildegarda analizza i rapporti tra le creature in senso orizzontale, gli stessi rapporti vengono analizzati nel Liber divinorum operum su scala cosmica, in una dimensione verticale, che si muove dal cielo alla terra. 148 In entrambe le opere tuttavia è lanalogia, la correlazione tra le parti, linstaurarsi di precise corrispondenze, il criterio fondamentale per la comprensione della realtà. 146 Infra, § Appendice. 147 Nel seguito della visione vengono descritte queste influenze in rapporto alla costituzione Causae et curae. 148 Il percorso di conoscenza che segue Ildegarda in tutte le visioni è quello della processione platonica, dalluno al molteplice, sul modello del Pheriphyseon di Giovanni Scoto (Cristiani 2003, p. LXXIV). 49 6. LA NATURA, LA VIRIDITAS E LUOMO Lintima relazione tra uomo e creato che permea la visione del cosmo esaminata nel precedente capitolo, viene chiaramente riscontrata nel Liber subtilitatum, sebbene questa volta calata al livello più basso del mondo sublunare. Nellintroduzione al primo libro della Physica sulle piante, luomo appare totalmente immerso in una dimensione naturale; esso viene tratto dalla terra come "terra diversa» e tutte le parti del suo corpo sono fatte come quelle della natura: così la linfa degli alberi è paragonabile al sangue, la sostanza dalla quale si ricavano le funi è invece paragonabile alle vene, le pietre della terra sono paragonabili alle ossa e lumidità delle pietre al midollo.149 Quasi un uomo arboreo dunque, la cui vicinanza alla natura non si riscontra solo a livello della costituzione fisica, ma si ritrova anche sul piano dellagire: lazione umana risulta infatti pienamente integrata con lazione naturale. In creatione hominis de terra alia terra sumpta est que homo est, et omnia elementa ei serviebant, quia eum vivere sentiebant, et obviam omnibus conversationibus eius cum illo operabantur, et ipse cum illis. Et terra dabat viriditatem suam secundum genus et naturam et mores et omnem circuitionem hominis. 150 Al momento della creazione delluomo dalla terra fu tratta una terra diversa che è luomo, e tutti gli elementi lo servivano, poiché sentivano che era vivo, gli elementi collaboravano con lui in tutte le sue attività, ed egli stesso con loro. E la terra forniva la sua viridità secondo il genere, la natura, i comportamenti e tutto lambiente delluomo. Nel passo appena citato, tratto dallintroduzione del I libro della Physica, compare una nozione centrale nella concezione della natura di Ildegarda, quella di viriditas. Per rendere il significato anche etimologico del termine, si potrebbe tradurre con lespressione di energia verdeggiante, viridità.151 In effetti essa si configura come unenergia, una forza (vis), che è interna alla natura stessa, e che alimenta tutte le creature sino al più piccolo stelo derba, sostenendone la vita. La 149 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 39. 150 Physica, ed. Hildebrandt-Gloning, p. 49. 151 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 39, nota 1. 50 terra appare essere il ricettacolo di questa forza, dal quale le altre creature la traggono per prime le piante, ma non solo e da cui dipende la loro sussistenza. La terra è fredda per natura e contiene un gran numero di forze. In effetti, in estate è fredda in profondità e calda in superficie grazie allardore del sole, poiché il sole produce del calore non con la forza dei suoi raggi. In inverno, al contrario, è calda allinterno altrimenti si spaccherebbe sotto leffetto dellaridità fredda e fredda in superficie, poiché allora il sole ritira le proprie forze della terra; così la terra manifesta la sua viridità nel calore e la sua aridità nel freddo. 152 Liris è caldo e secco; tutta la sua forza risiede nella sua radice e la sua viridità risale nelle foglie. 153 La senape è di natura molto calda e alquanto secca e spunta quando calore e freddo sono moderati, dunque in un aria temperata. Possiede al tempo stesso le virtù degli alberi e quelle delle piante, poiché cresce grazie a quel vento che fa spuntare i frutti e alla viridità della terra da cui ottiene alquanto succo. 154 Il lombrico è molto caldo e cresce in quella viridità nella quale i semi cominciano a germogliare nel pieno trionfo di quella viridità. 155 La sabina è più calda che fredda e il suo calore è così forte che conserva la viridità per tutto lanno: è limmagine della durezza.156 Nella Physica il termine viriditas è strettamente correlato al colore verde (viridis), si veda a tal proposito la voce della Physica dedicata alla pietra verde per eccellenza, lo smeraldo: 157 nella descrizione della gemma il termine viriditas compare molteplici volte mentre non compare mai laggettivo viridis. La correlazione tra il colore e lenergia nel concetto di viriditas è così stretta che a volte è arduo distinguere quando luso del termine si riferisce al possesso di una certa forza interiore o al solo aspetto estetico. Indubbiamente nella maggior parte dei casi i due significati vanno di pari passo, come nel passo seguente: 152 Libro delle creature, trad. Campanini, pp. 177-8. 153 Ibidem, p. 111. 154 Ibidem, p. 95. 155 Ibidem, p. 402. 156 Ibidem, p. 208. 157 La voce è trascritta integralmente in infra, § Appendice. 51 Gunderebe/(Aserum) plus calida est quam frigida, et sicca est, ac quasdam vires pigmentorum habet, quia viriditas eius suavis et utilis est, ita quod homo qui languet et cui caro defecit, cum ea in calefacta aqua balneet, et eam in muse aut in suffene aut cum carnibus aut cum cucheln (id est tortellis) coctam sepe comedat, et eum iuvabit.158 Ledera terrestre è più calda che fredda, e ha certe forze dei pigmenti, la cui viridità è utile e soave, cosicché luomo che giace malato e che ha perso la ragione, la immerga in acqua fredda e la cuocia in una purea o in una zuppa e ne mangi spesso con carni o con gallette, gli gioverà. Nel passo successivo invece il termine viriditas è usato solo per identificare la forza vitale e non una caratteristica estetica. De mose. Cum arbores senescunt, ita quod interiorem viriditatem amittere incipiunt, aut si iuvenes sunt, sed tamen aliquo fortuito casu interius debilitantur, viriditatem et sanitatem, quam interius habere deberent, ad corticem exterius emittunt, et ita mos in corticibus earum crescit, quia interiorem viriditatem non habent. 159 Il muschio. Quando gli alberi invecchiano, così iniziano a perdere la loro viridità interna; anche se sono giovani, ma se per qualche caso fortuito si indeboliscono allinterno, mandano fuori, verso la corteccia, la viridità e la salute, e così il muschio cresce sulla corteccia, poiché non hanno viridità interna. Generalmente alla viridità viene attribuito un significato positivo: la sua sola presenza è sintomo di vitalità e salubrità. Eppure nella Physica il termine viriditas sembra comparire anche con unaccezione negativa. Pare cioè che la viriditas di certe creature possa nuocere o essere inutile ad altre. In tal senso sembrerebbe che la viriditas più che possedere una negatività in sé, possa esplicare unazione negativa che deriva dallinterazione di una creatura con laltra. In altre parole, lenergia vitale della viriditas potrebbe possedere una polarità che però è solo potenziale, e si manifesta solo nellinterazione tra le diverse parti del creato. Nel condurre questa analisi bisogna tener conto di quanto si è detto sopra a proposito del significato duplice del termine viriditas: laccezione negativa del termine viriditas, potrebbe essere ricondotta solamente al suo significato di colore, viriditas nel senso di verdezza. Per completezza si 158 Physica, ed. Hildebrandt-Gloning, p. 112. 159 Ibidem, p. 225. 52 riportano tutti i passi della Physica in cui compare questo significato negativo del termine viriditas. Petrosilinum/(Petersilia) robuste nature est, et calorem et frigus in se habet, et de vento ac de humiditate terre crescit. Et melius et utilius estcrudum quam coctum in comestione, quoniam si coquitur vis viriditatis eius aliquantulum leditur.160 Il prezzemolo è di natura robusta, in sé ha calore e freddo, e cresce dal vento e dallumidità della terra. È migliore e più utile da mangiare crudo che cotto, poiché se cotto la forza della sua viridità è un po nociva. Karse/(Nasturcium) magis calidus quam frigidus est, et etiam humidusexistit, et plus de viriditate terre quam de sole crescit; et comesta malos humores in homine auget, et splen ledit, quia viriditatem inutilium herbarumin se habet, et bonum calorem hominis dispat, ac etiam humiditate sua splen dolere facit, quoniam illud molle est et facile leditur. 161 Il crescione è più caldo che freddo, ed anche umido, cresce grazie alla viridità della terra più che al sole; se se ne mangia provoca nelluomo umori cattivi, nuoce alla milza, poiché in sé ha la viridità delle erbacce, e dissipa il calore buono delluomo, e nuoce con la sua umidità alla milza, poiché quella è molle e facilmente si lede. Stutgras que minora sunt, frigida in natura sua et debilia sunt, et infirmos humores in debilibus hominibus parant, et melancoliam augent, et gravia sunt ad digerendum, et contraria homini ad comedendum, quoniam viriditas eorum mala est.162 Gli stutgras che sono più piccoli, sono freddi di natura e deboli, provocano umori malati negli uomini deboli, aumentano la melancolia, e sono difficili da digerire, e non sono buoni da mangiare, poiché la loro viridità è cattiva. Ruba/(Rapa) plus calida est quam frigida, et gravis in stomacho hominis est, sed tamen facile digeri potest. Et qui eam crudam comedere vult, exteriorem corticem totam auferat, quam spissa sit, quia viriditas illius hominem ledit, et cortice ablata, id quod interius est comedat. Sed cocta melior est quam cruda, et malos humores 160 Ibidem, p. 97. 161 Ibidem, p. 99. 162 Ibidem, p. 104. 53 non parat. Nam cum cruda est, succus eius aliquantulum debilia viscera gravat, que cum coquitur succus ille minuitur, et ideo cocta minus ledit quam cruda. Quod si aliquando malus humor in ulceribus in homine exturgescit, rapam/rubam comedat, et ulcus conpescitur. Nam rapa utilis est ad comedendum, ed tamen quandam partem succi habet, qui aliquantulum inutilis est, et ille inutilitati ulcerum resistit. Sed si quis in pectore et in pulmone dumphit, si rapam/rubam crudam aut coctam comedit, eum in pectore et in pulmone aliquantulum fatigat, quia tantas vires non habet, ut magnis infirmitatibus resistat.163 La rapa è più calda che fredda, e pesante per lo stomaco delluomo, tuttavia può digerirla facilmente. Chi vuole mangiarla cruda, deve togliere tutta la buccia, che è spessa, poiché la sua viridità fa male alluomo; tolta la buccia, mangi linterno. Ma cotta è migliore che cruda, e non provoca umori cattivi. Infatti quando è cruda, il suo succo è un po pesante per le viscere deboli, cuocendola il suo succo diminuisce e cotta è meno nociva che cruda. Quando nelluomo un umore cattivo fuoriesce dalle ulcere, sia mangiata la rapa, e lulcera migliorerà. Infatti la rapa è utile da mangiare, e la parte che non ha succo, che è poco utile, tuttavia oppone resistenza allulcera. Se chi soffre al petto e al polmone, mangia una rapa cruda o cotta, egli sarà affaticato al petto e al polmone, poiché la rapa non ha tante forze, per opporsi ai gravi malanni. Senape valde calidum est et aliquantum sicce nature, et in temperato caloreet frigore, id est temperata aura, crescit, et vires arborum et herbarum habet, quia de vento illo crescit qui poma educit, et quia etiam de viriditate terre crescit, et inde aliquantum succi habet. Et herba eius nociva est acomedendum, quia virtus eius debilis et instabilis est; et hominem interius decerperet qui eam comederet; semen plus nocivum in capite dimittit, atque bonam et rectam digestionem non parat, sed cum dolore digestionem educit, et quasi fumum in homine facit, quia quandam viriditatem terre in se habet que hominem ledit. Sed quilibet homo moderate comedat illud, quia infirmos ledit, quoniam vires in se non habent ut illud vitent. Sanos autem non multum ledere potest, quia fortituddo illorum illud superat. Qui autem senape libenter comedit, vinum calefaciat et ad illud fundat, et sic circumferat, id est cetribe, cum iam comedere vult, et sic comedat, quoniam hoc modo comestum infirmos non ledit, quia inutilitas eius per calorem vini ablata est. Quod si vinum non habet, frigidum acetum ei infundat, et sic comestum non ledit. Sed ita vino et aceto non temperatum, ad comedendum homini non valet, infirmo 163 Ibidem, p. 104. 54 enim non prodest, etiam si sanum non ledat, quoniam vires eius tante fortitudinis non sunt, ut infirmis succurrant, nec etiam tante fortitudinis, ut sanum destituant. 164 La senape è di natura molto calda e alquanto secca, e cresce quando calore e freddo sono moderati, cosicché laria è temperata, possiede le forze degli alberi e delle erbe, poiché cresce grazie a quel vento che fa spuntare i frutti, e grazie anche alla viridità della terra da cui riceve alquanto succo. La sua pianta non è commestibile, poiché la sua forza è debole e instabile; e luomo che la mangia sarebbe distrutto all Ma al contrario porta nella testa un male peggiore e più nocivo, e non procura una buona e corretta digestione, ma provoca una digestione dolorosa, e del meteorismo, poiché ha una certa viridità della terra che nuoce alluomo. Ma se piace sia mangiata con moderazione, poiché nuoce ai malati, che non hanno forze per contrastarla. Invece non può nuocere molto ai sani, poiché la loro forza supera quella della senape. Chi invece mangia volentieri la senape, faccia scaldare del vino e la versi in quello, e così la mescoli, e quando vuole mangiarla, la mangi così, poiché in questo modo non fa male agli ammalati, poiché il calore del vino elimina quanto aveva di inutile. Se non ha del vino, la metta nellaceto freddo e così mangiata non fa male. Ma se non temperata nellaceto o nel vino, non è buona da mangiare per luomo, non fa bene agli ammalati, anche se non lede i sani, poiché le sue forze non sono abbastanza forti, per portare beneficio agli ammalati, ma neanche abbastanza forti per privarne il sano. Gihtboum valde calida est, et viriditas ac sucus eius per se non valet, nisi aut aliis herbis aut aliis condimentis addatur, quia si aliis herbis aut aliis condimentis additur, tanto validiores et utiliores ad medicamenta erunt. Viriditas enim gihtboumes debilis est, et in suco quidam livor est, et ideo cum aliis herbis et condimentis eis sucurrendum est. Arbores de medulla sua virescunt et crescunt, sicut et homo de medulla sua, et si medulla arboris lesa fuerit, arbor detrimentum sui sentiet. 165 Il ribes è molto caldo, e la sua viridità e il suo succo non hanno valore in sé, o se non si aggiunge unaltra pianta o un altro condimento, poiché se unaltra pianta o un altro condimento è aggiunto, saranno più validi e utili per le preparazioni medicinali. La viridità del ribes è infatti debole, e nel succo vi è un certo livore, ed e per questo che deve essere aiutato con altre erbe e condimenti. Gli alberi crescono 164 Ibidem, p. 107. 165 Ibidem, p. 224. 55 e si rafforzano grazie al midollo, come luomo grazie al proprio midollo, e se il midollo dellalbero fosse stato ferito, tutto lalbero ne subirebbe il danno. Barbo/(Silurus) de calido aere est magis quam de frigido, et diem diligit, et calorem libenter habet; et cum aliquod frigus senserit, quasdam cavernulas intrat, ut in eis habet, qui tempestatem absque humida viriditate portat, et ideo caro eius comedentem, ut predictum est, ledit. Et si quis caput eius fréquenter comedit, dolorem in capite eius parat et dolorem excitat, atque alias febres in illo facit. Sed nullus homo nec cerebrum nec fauces/gumen eius comedat, quia si comederit inde dolebit. Nam quia caput piscis huius aerea viriditate caret, limosum venenum (id est eyter) introrsum trahit, de quo cerebrum et fauces eius inficiuntur, et sic comedentem ledit. Et (milch scilicet) lac quod in eo est, ad comedendum homini malum est, quia eum ledit, ac rogun eius quasi venenum est, quoniam grana ipsius a se difficile separari poterunt, et magis gebruche/gebrechen sunt, quam cibus sanitatis, quia in recta viriditate aeris carent.166 Il barbo proviene dallaria calda più che fredda, e predilige il giorno e il calore; e quando sente freddo si infila in certi anfratti, per trovarvi calore. Il pesce infatti ha questo calore aereo nella sua carne e non nella testa, che porta tempesta dalla viridità umida, e la sua carne nuoce, come già detto, colui che la mangia. E se qualcuno mangia spesso la testa, provoca e suscita dolore alla propria testa e genera altre febbri. Ma nessun uomo ne mangi la testa o le fauci poiché proverebbe dolori. Infatti la testa di quel pesce, accoglie in sé un veleno derivato dal fango, di cui sono infetti il cervello e le fauci, ed è nocivo se mangiato. E il suo latte è cattivo da mangiare per luomo, poiché lo lede, e le sue uova sono quasi un veleno, poiché i suoi semi possono separarsi solo a fatica, e sono più pesanti di un cibo sano, poiché mancano della giusta viridità dellaria. Occorre notare che il termine viriditas con questa particolare accezione compare prevalentemente nei passi della Physica presenti nella versione del ms. F (trascritti in corsivo nei passi sopracitati). Uneccezione è rappresentata dalla descrizione della "rapa», in cui il termine viriditas (inteso in modo negativo) compare anche in P. Altresì, nel passo in cui sono descritti gli stutgras, il termine viriditas nell'accezione negativa compare nel frammento di testo presente nella versione delledizione di Schott (come evidenziato tramite sottolineatura nel passo sopra 166 Ibidem, p. 273. 56 citato). Per comprendere questa diversità tra i manoscritti in relazione alluso del termine viriditas con questo particolare significato negativo, è necessario innanzitutto ricordare quanto si è detto nel capitolo 1 a proposito delle differenze tra i manoscritti della Physica: F si caratterizza per avere passi in eccedenza rispetto agli altri manoscritti e queste aggiunte riguardano prevalentemente la spiegazione dellefficacia dei rimedi. Ora, come si vedrà meglio nel capitolo 7, lefficacia delle creature a scopo curativo dipende da due meccanismi, quello basato sulle qualità umorali e quello basato sulla viriditas. È ipotizzabile dunque che questo uso del termine viriditas in senso negativo presente in F, sia da ricondurre al fatto che il termine è usato con questa accezione nei frammenti di testo in cui viene spiegata lefficacia dei rimedi. Tuttavia se si conduce una comparazione attenta tra i manoscritti in relazione al termine viriditas (senza distinguere il significato negativo), si nota che esso compare frequentemente anche in P, 42 volte, e 23 volte nei passi aggiuntivi di F. Luso del termine nei manoscritti mostra cioè una distribuzione molto diversa se lo si considera nel suo significato generale (42 in P, 23 in F) o se si seleziona solo il significato negativo ipotizzato (1 in P, 6 in F). Questo tipo di comparazione mostrerebbe unanomalia ulteriore del contenuto di F. Va anche dato conto di alcuni passi della Physica in cui questa polarità è riconosciuta alla viriditas in senso positivo: il termine viriditas compare nel testo accompagnato da aggettivi che ne sottolineano leffetto benefico, il che però può far supporre implicitamente che ad esso possa anche essere attribuito un valore negativo. Se ne dà un esempio: Bertram/(Piretrum) temperati caloris existit et aliquantum sicci, et eadem temperies pura est, et bonam viriditatem tenet. 167 Il piretro è di calore temperato e alquanto secco, e la sua temperie è pura, ed ha una buona viridità. Moulinier nota che nella Physica il termine di viriditas è opposto a quello di ariditas;168 tale opposizione tuttavia dovrebbe essere intesa solo in senso lessicale, non ha infatti un corrispettivo dal punto di vista filosofico: mentre la 167 Ibidem, p. 70. 168 Moulinier 1995, p. 217. 57 viriditas indica una forza naturale vera e propria, interna alle creature, il termine ariditas indica solamente una qualità delle creature, che in realtà corrisponde alla mancanza di viriditas. Tornando alla nozione di viriditas in senso più generale, nei passi citati finora, si vede che essa è concepita come una forza naturale (forse dotata di una certa polarità) che sostiene la vita delle creature. 169 Una concezione di questo tipo potrebbe anche essere intesa in senso panteistico, tuttavia, se si integra il contenuto della Physica con quello delle opere visionarie, e in modo particolare con le visione cosmologiche del Liber divinorum operum,170 non si incorre in questo fraintendimento. Lenergia naturale della viriditas, non può che provenire attraverso le complesse dinamiche a cui si è accennato nel capitolo precedente dallenergia della Spirito Santo, che nella prima visione del Liber divinorum operum, è presentato come Spirito di fuoco che avvolge tutto la creazione dallesterno. Riprendiamo lanalisi del passo tratto dallintroduzione del libro I della Physica da cui siamo partiti all'inizio di questo capitolo: laltro termine che vi compare assieme a viriditas è homo. Il fatto che Ildegarda abbia deciso di menzionare i due termini subito nellintroduzione del primo libro non deve essere causale; denuncia invece la particolare rilevanza che Ildegarda doveva attribuire a entrambi: si vedrà meglio in seguito che la struttura della Physica, seppure non spiegata da Ildegarda in modo esplicito, è molto articolata e tuttaltro che casuale. 171 Allinizio di questo capitolo abbiamo visto come Ildegarda presenta lessere umano nella prefazione del libro I. Col termine homo l'autrice si riferisce ad esso senza mai intendere differenziazioni di genere. 172 Nel passo citato in apertura si comprendono i termini generali della concezione di Ildegarda riguardo al rapporto tra lessere umano e la natura:173 un rapporto di subordinazione in cui luomo gode certamente di una condizione privilegiata, gli elementi sono infatti posti al suo servizio. La superiorità dellessere umano viene affermata anche nei 169 Supra, pp. 41-2. 170 Vd. supra, § 5. Il cosmo. 171 Infra, § 8. 172 Cfr. Pereira 2017, p. 115. 173 Supra, p. 41. 58 passi riportati di seguito, ed è tale per cui le creature che sono più vicine alluomo, partecipando in qualche modo della sua rationalitas, si migliorano: Le piante seminate con il lavoro delluomo che, poco a poco, germogliano e crescono, come gli animali domestici che luomo nutre con cura nella propria casa, perdono, grazie al lavoro delluomo che le fa spuntare e le semina, lacredine e lamarezza dei loro succhi: lumidità dei loro succhi entra alquanto in contatto con la virtù dei succhi delluomo e, in tal modo, divengono buone e utili come cibo e come bevanda. 174 La betonica è calda e mostra in sé, più di ogni altra pianta, i segni della scienza delluomo, proprio come gli animali domestici e puri hanno più legami con luomo rispetto agli animali selvatici. 175 È come se luomo, con la sua attività di addomesticamento, proseguisse in qualche modo lopera di ornatus mundi del creatore. Daltra parte non può essere casuale che nessuna voce della Physica sia dedicata alluomo, come a volerlo distinguere, anche così, dal resto delle creature. A proposito della concezione della natura di Ildegarda, Moulinier parla di un "antropocentrismo moderato»; 176 il termine è particolarmente calzante perché se da una parte è vero che alluomo viene riconosciuto da Ildegarda lo status particolare di cui si è detto, dallaltra è anche vero che nella Physica luomo si dimostra dipendente nei confronti della natura stessa: luomo infatti si serve delle creature sia per lalimentazione che per curare la propria salute. Il rapporto tra uomo e natura, e il modo di intendere la natura stessa, si incentrano proprio sul concetto di utilità: è basandosi sulla loro utilità che Ildegarda, nel passo seguente, opera una distinzione che riguarda tanto gli animali che i vegetali. Gli animali che divorano i loro simili e che si nutrono di cibi corrotti e crescono eccessivamente di numero generando i piccoli, come il lupo il cane e il porco, sono per lalimentazione come erbe inutili, contrarie alla natura delluomo, poiché luomo non si comporta così. Invece gli animali che si nutrono di alimenti puri, 174 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 40. 175 Ibidem, p. 119. 176 Moulinier 1995, p. 219. 59 come il fieno e simili cibi, e non crescono eccessivamente di numero generando i piccoli, sono buoni da mangiare per luomo come le erbe buone e utili.177 Ribaltando i termini del discorso, si potrebbe anche dire che nella Physica la natura acquista valore in virtù dellutilità che essa può fornire allessere umano. È indubbiamente fortemente reciproco il rapporto tra uomo e natura, così come è configurato nella Physica. Si vedrà meglio in seguito il rilievo che ha nella Physica la sfera alimentare. Ecco, intanto è opportuno dire che questa attenzione al tema del nutrimento, ha anche delle implicazioni proprio nel modo di concepire il rapporto tra uomo e natura, poiché cala luomo in una dimensione marcatamente naturale, considerandone le necessità corporali e assimilandolo in tal modo al mondo animale. Si veda a tal proposito il passo successivo, in cui la bontà di ciò che mangia luomo, dipende da ciò che ha a sua volta mangiato lanimale: Il luccio proviene dallaria calda più che da quella fredda e vive volentieri nella parte pura delle acque, a media profondità. Ovunque si trovi, mangia i pesci e non se ne trovano più nelle acque che attraversa. Poiché cerca alimenti puri, le sue carni sono dure e salutari, buone da mangiare per gli ammalati come per i sani. 178 Oppure questaltro passo in cui lutilità alimentare della creatura dipende dallambiente nel quale vive: Il merlo è caldo secco e mansueto, vola volentieri nellaria pura e cresce grazie allaria pura. È buono da mangiare per i sani ma non per gli ammalati poiché è secco. 179 Il modo di concepire luomo e la natura che si va formando nelle pagine della Physica, trova espressione anche in un passo del Liber divinorum operum: 177 Libro delle creature, trad, Campanini, pp. 348-49. Il passo è connotato di un forte naturalismo: la considerazione sulla prolificità delle specie, valutata negativamente se eccessiva, sembra quasi porre una riflessione di carattere ecologico. Nel XVIII secolo i contributi più importanti per la nascente ecologia saranno incentrati proprio sulla correlazione tra crescita della popolazione e disponibilità delle risorse alimentari (Malthus, Buffon). 178 Libro delle creature, trad, Campanini, p. 288. 179 Ibidem, pp. 334. 60 Tutte le creature che Dio ha fatto, in alto come in basso, le ha associate alluomo perché gli fossero utili; e se luomo le sconvolge con azioni malvagie, il giudizio di Dio ne fa strumento di vendetta, facendo sì che si rivoltino contro di lui. 180 In conclusione, nonostante la frammentarietà del genere enciclopedico, la Physica mostra una struttura fortemente coesa grazie innanzitutto alla ponderata organizzazione con cui sono ordinate le descrizioni delle creature nel testo. 181 Una certa compattezza viene anche espressa dai rimandi presenti tra una voce e laltra, che riguardano non solo voci di uno stesso libro (come nel primo esempio), ma anche quelle dislocate in libri diversi (il secondo e il terzo esempio). La civetta è calda e preferisce la notte e lo splendore della luna al giorno e allo splendore del sole; tuttavia ama il giorno più del gufo. Vola nella notte perché detesta gli altri uccelli e non ama molto essere vista. 182 Il grifone è molto caldo e ha in sé qualcosa della natura degli uccelli e qualcosa della natura delle bestie. In virtù della natura degli uccelli, è talmente veloce che nessuna massa caricata sul proprio corpo lo appesantisce; in virtù della natura delle bestie, divora gli uomini. 183 La balena ha in sé un calore igneo e unaria umida, ha la natura dei pesci ma anche una certa parentela con la natura delle bestie, più precisamente del leone e dellorso. Secondo la natura dei pesci, essa vive nelle acque; secondo la natura delle bestie, essa raggiunge grandi dimensioni. 184 Nel complesso, in base a quanto si è detto, notiamo che dalla Physica emerge una concezione della natura fortemente unitaria, in cui ogni componente è interdipendente dalle altre. Tale unità si basa, a prescindere dal suo fondamento teologico, anche sulla nozione di viriditas, la cui energia pervade tutto il creato. 180 Il libro delle opere divine, trad. Pereira, p. 313. 181 Vd. infra, 8. 182 Libro delle creature, trad. Campanini p. 329. 183 Ibidem, p. 305. 184 Ibidem, pp. 277-8. 61 7. LA SALUTE Nel capitolo precedente si è visto come il rapporto tra natura e essere umano sia incentrato sulla nozione di utilità. In questo capitolo si passerà ad esaminare più in dettaglio i significati che assume questa nozione. Nella Physica lutilità di una creatura è intesa in due modi differenti: il primo significato riguarda luso delle creature come nutrimento, il secondo è invece collegato in modo più diretto alla salute, riguarda cioè luso delle creature come farmaco. I due aspetti in realtà sono strettamente connessi poiché come si è visto nei passi della Physica citati nel capitolo precedente la salute delluomo dipende anche dalla qualità del cibo mangiato. Daltra parte entrambi gli aspetti sono spesso associati nella descrizione di una stessa creatura: dopo averne illustrato le caratteristiche umorali infatti, Ildegarda ne mostra lutilità, che è spesso alimentare e medica al tempo stesso. Il piretro è di calore temperato e alquanto secco, offre un giusto equilibrio e ha una buona viridità. È buono da mangiare per chi è sano, poiché fa diminuire in lui ciò che è sozzo, aumenta la quantità di sangue buono e conferisce una sana intelligenza. Restituisce invece vigore allammalato che già viene quasi a mancare, non lascia nelluomo nulla che non sia digerito e gli procura una buona digestione. Diminuisce il flegma alluomo che ne ha molto nella testa, se ne mangia di frequente. Elimina la pleurite da chi ne mangia spesso, fa nascere nelluomo umori buoni e gli schiarisce la vista. In qualunque modo lo si mangi, secco o in un alimento, è utile e buono tanto per lammalato quanto per il sano. Infatti dalluomo che ne mangia spesso allontana la malattia e gli impedisce di ammalarsi. Quando se ne mangia, prova in bocca umidità e saliva: è per questa ragione che fa uscire gli umori cattivi e ridona la salute. 185 Sulluso alimentare delle creature Ildegarda si sofferma subito allinizio dellopera. Nellintroduzione al libro I spiega: Certe piante crescono grazie allaria e sono per luomo leggere da digerire e di natura gioiosa, al punto che rendono felice chi ne mangia: sono paragonabili ai capelli delluomo, anchessi leggeri e aerei. Altre piante sono ventose poiché crescono grazie al vento: sono secche, pesanti da digerire per luomo e di natura triste, al punto che rendono triste che ne mangia; sono paragonabili al sudore 185 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 53. 62 umano. Il succo delle piante inutili, che non si possono mangiare, è velenoso: esse rappresentano un cibo mortale per luomo che ne mangia e sono paragonabili agli escrementi umani. 186 I passi in cui viene mostrata lutilità delle creature come nutrimento sono molto numerosi. Si consideri ad esempio il frumento, posto da Ildegarda alla base dellalimentazione umana. Il frumento è caldo e ricco di frutto, al punto che non gli manca nulla: quando dal frumento si ricava la farina pura, il pane fatto con quello è buono per i sani e per gli ammalati e fornisce alluomo buona carne e buon sangue.187 È da notare come lalimentazione costituisca una dimensione così importante nel definire il rapporto tra uomo e creato, che Ildegarda ne fa il criterio per lordinamento dei capitoli del libro I delle piante.188 Nella Physica il concetto di salute corrisponde a una condizione di equilibrio tra gli elementi. Gli elementi in realtà non sono mai menzionati esplicitamente da Ildegarda ad eccezione che nel senso particolare del libro II189 ma in ogni voce della Physica vengono descritte le qualità umorali che la creatura possiede; è dal bilanciamento di queste qualità dunque, che deriva la salute. Per comprendere come elementi e qualità siano collegati tra loro (ad ogni elemento corrispondono due qualità), si riporta un passo tratto dal Dragmaticon di Guglielmo di Conches. In questo frammento vengono descritti anche i temperamenti che nellessere umano si manifestano quando la complessione degli elementi si squilibra e prevalgono alcuni umori. Ogni elemento viene associato a una stagione dellanno; nel passo seguente la successione delle stagioni è inverno, primavera, estate e autunno. È questo lo schema delle qualità che sottende ogni descrizione del Liber subtilitatum. Lacqua, la flemma, letà decrepita, poiché sono fredde e umide, sono simili a questa stagione: in essa stanno meglio i biliosi, peggio i flemmatici; meglio i aria, il sangue e la puerizia sono simili a questa 186 Ibidem, p. 40. 187 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 41. 188 Vd. infra, § 8. 189 Vd. supra, pp. 35-6. 63 stagione, poiché sono caldi e umidi: in essa stanno meglio i melancolici, peggio i sanguign è il disseccarsi delle radici delle erbe e degli alberi, ed essa e consimile al fuoco, alla bile, alla giovinezza: queste cose, infatti, sono calde e secche. In essa stanno meglio i Latrabile e la vecchiaia sono simile a questa stagione. In essa stanno meglio i sanguigni, peggio gli atrabiliari, meglio i fanciulli, peggio vecchi. 190 Soffermandosi ancora sul secondo significato che si è attribuito alla nozione di utilità quello cioè in senso medico come nota Pereira, il principio che guida Ildegarda nella scelta della terapia, è il principio galenico del cura cum contra: 191 per la terapia viene scelta una creatura le cui qualità elementari sono opposte allo squilibrio che si manifesta nel malato. Il motivo della scelta alcune volte è spiegato esplicitamente da Ildegarda. Queste spiegazioni si trovano come detto quasi solamente nella versione della Physica di F. Si danno alcuni esempi (i passi presenti solo in F sono trascritti in corsivo): Il finocchio montano è caldo e contiene una viridità secca. Luomo che soffre di febbri forti e ardenti riduca il finocchio montano in polvere e mangi di quella polvere con il pane, a digiuno o dopo il pasto: starà meglio. Il calore buono del finocchio montano respinge lardore ingiusto misto a freddo. Chi soffre di gotta mangi spesso di quella polvere: la gotta cesserà. Il calore buono del finocchio montano mitiga il freddo vivace di quella malattia. 192 Il noce è caldo e contiene dellamaro. Prima che porti frutti, il suo amaro e il calore si trovano nel tronco e nelle foglie: quellamaro emette calore che produce le noci. dei rami, che si tratti di un germoglio / fungo o di unaltra secrezione, lo faccia cuocere a fuoco lento nel vino con finocchio e un po derba pepe, filtri attraverso una benda e ne beva spesso, caldo: espellerà il flegma e sarà purificato. Quel fungo o unaltra sostanza che esce dal noce ha in sé il sudore della debolezza ma, poiché si tratta della sua natura, temperato con il calore del finocchio, con quello dellerba pepe e del vino riscaldato elimina il flegma delluomo: il succo di quel fungo e quel 190 Guglielmo di Conches. Dragmaticon, trad. Maccagnolo, pp. 324-7. 191 Pereira 2017, p. 131. 192 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 124. 64 sudore distruggono il flegma. Il finocchio e lerba pepe con il vino riscaldato provocano lespulsione del freddo del flegma.193 Il concetto di salute nella Physica si collega anche alla nozione di viriditas, che è stata esaminata nel capitolo precedente: una creatura infatti può agire da medicamento, non solo riequilibrando gli elementi, ma anche apportando al malato la viridità di cui manca. È interessante notare che questo passaggio di viridità tra una creatura e laltra non avviene solo attraverso lalimentazione (o ingerendo il farmaco), ma anche tramite il semplice contatto, addirittura solo visivo. Tale modalità di trasmissione riguarda tanto la viriditas quanto le qualità elementari: Lo zaffiro è caldo. Si forma nella seconda metà della giornata, quando il sole nel suo ardore brucia così forte che luomo che ha nellocchio una specie di crosta tenga in mano uno zaffiro e lo scaldi con quella o al fuoco, poi tocchi la crosta con lo zaffiro bagnato. Lo faccia per tre giorni, al mattino e alla sera: la crosta diminuirà poi sparirà. 194 negli occhi di un uomo il sangue e lacqua diminuiscono esageratamente a causa della vecchiaia o di qualche malattia, costui prendo un seme verde di timo e lo guardi fisso finché gli occhi siano umidificati dalle lacrime: la viridità di questo seme elimina dagli occhi ciò che è torbido e li rende puri e lucidi. 195 Un altro aspetto da notare riguardo alluso medico della natura è che le creature non sembrano avere un valore terapeutico positivo o negativo in sé stesse, ma questo dipende di volta in volta dallinterazione tra una creatura e laltra. Questo significa che ciò che è benefico per un individuo può non esserlo per un altro. E questo principio non vale solo per gli usi propriamente curativi delle creature ma anche per lalimentazione: Il cavolo, il cavolo verza e il cavolo rosso sono di natura umida. Il cavolo cappuccio è un po più freddo che caldo e di natura un po secca. Gli uomini sani che hanno solide vene e non sono molto grassi potranno, se li mangiano, digerirli con la loro 193 Ibidem, pp. 186-8. 194 Ibidem, p. 247. 195 Ibidem, pp. 170-1. 65 forza. Sono invece nocivi per gli uomini grassi, le cui carni sono piene di succo: se costoro ne mangiano, fanno loro quasi altrettanto male che agli ammalati. 196 La segale è calda, ma più fredda del frumento, e ha molte proprietà. Il pane che se ne ricava è buono per le persone sane e le rende forti; è buono anche per le persone grasse, poiché fa dimagrire le loro carni, pur rendendole vigorose. Non è invece indicato per coloro che hanno lo stomaco freddo e ne soffrono molto, poiché la loro debolezza non permette di digerirlo: provoca in loro unabbondante tempesta di umori poiché possono digerirlo a stento. 197 Lebbio è freddo e umido; è opposto alla natura delluomo al punto che, se qualcuno ne mangiasse, sarebbe pericoloso. Se gli umori cattivi sono percepiti nella testa di un uomo come il rumore di un torrente dacqua, costui metta dellebbio freddo intorno alla testa e starà meglio. 198 Questo modo di concepire lutilità di una creatura completamente differente dalla farmacologia contemporanea, in cui lefficacia del principio attivo è universale implica dal punto di vista filosofico una concezione in cui la natura non è portatrice di valori assoluti ma solo relativi ( relazionali). A nessuna creatura in effetti si può far corrispondere in toto la nozione di male o di bene, con una eccezione: Alcune piante hanno in sé la virtù degli aromi più forti e lasprezza di quelli più amari. Calmano la maggior parte dei mali, poiché i mali sono prodotti dagli spiriti cattivi che le rifuggono. Ma vi sono anche delle piante che contengono in sé una sorta di schiuma degli elementi, nelle quali gli uomini tratti in inganno tentano di trovare la propria buona sorte. Al diavolo piacciono queste ultime e in quelle si introduce. 199 In generale si potrebbe dire che dalla Physica emerge una concezione positiva della creazione, dal momento che anche la più piccola delle creature mostra la sua utilità. 200 Ciò non toglie che nellopera di Ildegarda sia anche presente il tema biblico della caduta di Adamo, a cui è da imputare il deterioramento non solo della 196 Ibidem, p. 91. 197 Ibidem, p. 42. 198 Ibidem, p. 172. 199 Ibidem, p. 41. 200 Il riferimento è alla formica, si veda il passo citato in infra, p. 6. 66 condizione umana, ma di tutta la natura nel suo insieme. Il riferimento alla caduta si trova nella prefazione al libro VIII: Allorigine Dio fece buone tutte le creature. Ma, dopo che il diavolo trasse in inganno luomo attraverso il serpente e ne provocò la cacciata dal paradiso, similmente le creature soggetto alla volontà divina peggiorarono la loro condizione, per punizione, insieme alluomo.201 Si è visto che nella Physica il concetto di salute riguarda un ambito molto preciso, che è quello corporeo e in un senso altrettanto preciso, ovvero quello di equilibrio tra gli elementi. Cè da chiarire, però, che nel dominio fisico degli elementi e delle loro qualità ricadono anche degli aspetti dellessere umano che oggi ascriveremmo più che altro alla componente psichica. 202 Il concetto di salute della Physica dunque andrebbe più correttamente inteso come una condizione di equilibrio psico-fisico e non solo corporeo. Tale concetto inoltre potrebbe essere compreso in un senso più ampio (che esula dal contenuto della Physica) allinterno della visione etico-morale, teologica ed escatologica, del Liber vitae meritorum, dello Scivias e del Liber divinorum operum. In tal senso allora la salute diverrebbe il corrispettivo sul piano fisico di una concezione della salvezza che dovrebbe ricondurre lumanità alla condizione di piena integrità della quale godeva allinizio della creazione, e nella quale non è trascurata la dimensione corporea. 203 201 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 393. 202 Si veda il passo citato del Dragmaticon, in infra, p. 53. 203 Cfr. Pereira 2017, pp. 131-2. 67 8. LENCICLOPEDIA In un articolo pubblicato nel 1994 Jacques Le Goff si interrogava sulla nozione di enciclopedismo, individuando in esso due caratteristiche essenziali: lordine e la totalità (Le Goff 1994). In questo capitolo si cercherà di riscontrare la presenza di queste caratteristiche nella Physica. Partiamo dalla seconda caratteristica, la totalità. Nella Physica si contano 494 creature; il regno ad essere maggior rappresentato è quello vegetale, che diviso tra il libro I delle piante e il libro III degli alberi, conta complessivamente 272 creature, dunque più della metà del totale. 204 La natura descritta nelle pagine della Physica, contravvenendo al gusto per lesotico tipico del genere enciclopedico, è molto legata allambiente nel quale si trova a scrivere la badessa: nel libro II sugli elementi, sono citati alcuni fiumi della Germania; si è anche evidenziata limportanza dellosservazione diretta nel libro V sui pesci.205 È ipotizzabile che molte delle piante incluse nella Physica siano state utilizzate da Ildegarda per la pratica medica; questa considerazione si basa su due argomenti: uno riguarda il fatto che la cura dei malati appartiene alla tradizione dei monasteri benedettini, 206 il secondo argomento riguarda i numerosi riscontri che le ricette di Ildegarda hanno trovato nella botanica e nella farmacologia moderna. 207 Tuttavia è anche vero che molte delle creature descritte nella Physica certamente non erano potute ricadere sotto la diretta osservazione di Ildegarda: il leone, il cammello, lelefante, la scimmia, il cercopiteco, la pantera, il pappagallo, il pavone, lo struzzo, la tigre, la palma e la palma da dattero. Anche dellorso e del lupo è difficile ipotizzare una conoscenza diretta. È proprio richiamandosi ad unesigenza di completezza che Campanini giustifica la presenza degli animali 204 Physica (Physica, ed. Hildebrandt- Gloning). 205 Vd. infra, § 4. Losservazione della natura. 206 Il capitolo 36 della Regola di S. Benedetto recita: "Si deve aver cura degli infermi prima e sopra di ogni altra cosa, servendo ad essi, come se davvero si servisse a Cristo. Perciò Egli disse: Fui infermo, e mi visitaste. Ciò che faceste ad uno di questi piccoli, a me lo avete fatto ». 207 A tal proposito si veda Moulinier 1994. 68 fantastici nella Physica,208 dove se ne contano cinque: il grifone, lunicorno, il drago, il basilisco e la salamandra; o sei, se nel computo si include il cammello (che nella descrizione della Physica ha tre gobbe). Moulinier giustifica la loro presenza avendo riconosciuto il Physiologus tra le fonti della Physica.209 Lo studio di Moulinier sicuramente spiega la presenza degli animali fantastici dal punto di vista materiale, tuttavia la loro presenza sembra comunque stridere con limpostazione generale dellopera, in particolare in riferimento a quanto si è detto sulla concezione della natura: 210 se infatti la loro presenza è perfettamente coerente allinterno della visione enciclopedica classica, in cui la cosa è forse prima di essere la cosa stessa il segno, il simbolo di qualcosaltro; non è lo stesso allinterno della Physica, dove le creature acquisiscono un loro significato autonomo. La contraddizione è ancora più evidente se si considera che nella Physica di questi animali viene descritto anche il loro uso pratico! A tal proposito Moulinier cita lopinione di Marie-Louise Portman, ritenendola poco plausibile. Portman contrariamente a Moulinier imputa la presenza degli animali fantastici ad aggiunte posteriori e ritiene che la loro presenza sia incompatibile con il contenuto della Physica, come si è notato anche in questo studio. Tuttavia Portman basa questa incompatibilità su considerazioni completamente opposte rispetto a quelle condotte sinora: ritiene cioè che la loro incompatibilità sia da ricondurre al fatto che anche la Physica è uno scritto visionario: "Ce qui est absurde [la presenza degli animali fantastici] scrive ne peut être le fruit dune vision». 211 Passiamo ora ad esaminare la Physica in relazione alla prima caratteristica attribuita da Le Goff al genere enciclopedico: lordine. Campanini nota che Ildegarda riunisce in un unico libro vermi e serpenti, contrariamente a Isidoro di Siviglia, che invece gli dedica due capitoli distinti delle Etymologiae, e imputa questo a unesigenza di semplificazione.212 Altri studiosi, come ad esempio Lynn 208 Campanini 2011, p. 31. 209 Moulinier 1995, p. 216 e si veda anche supra § 3. Le fonti. 210 Vd. supra, § 6. 211 Moulinier 1995, p. 106 e cfr. infra, § 4. 212 Campanini 2011, p. 29. 69 Thorndike, ritengono che la Physica sia uno scritto privo di qualsiasi ordinamento, una sorta di compendio fatto solo a scopi pratici. 213 In realtà, analizzando la Physica sulla scorta dello studio di Moulinier, si individuano precisi criteri di ordinamento e catalogazione delle creature, che conferiscono ad essa unorganizzazione del contenuto ben strutturata. Questi criteri non vengono mai spiegati esplicitamente nel testo. Il primo e lunico palese è quello che riguarda la suddivisione in libri: le creature vengono suddivise in una ripartizione in regni che non rispecchia, prevedibilmente, la tassonomia odierna. 214 Nel libro IV sui pesci ad esempio, è descritto lintero mondo acquatico e vi sono inseriti anche gli anfibi, i cetacei e i crostacei; nel secondo libro gli uccelli sono assimilati agli insetti. Nelle introduzioni con cui si aprono i libri sugli animali (V, VI e VII), le creature descritte nel libro, conformemente al racconto della Genesi, vengono esplicitamente messe in relazione allambiente nel quale vivono. Si riporta a titolo di esempio: Gli uccelli che vivono nellaria rappresentano quella virtù che luomo impone quando pensa e le molte cose che stima quando medita interiormente prima che si manifestino in azione illustre. Invece gli animali che percorrono la terra in qua e in là e vivono sulla terra rappresentano i pensieri e le previsioni che luomo porta a termine con l'azione. 215 È possibile individuare altri criteri di ordinamento interni ai libri della Physica. Nel libro I sulle piante le creature sono ordinate in base allutilità per lalimentazione umana: prima le migliori e via via quelle meno adatte. Lordinamento interno dei libri V, VI, VII e VIII rispecchia un parametro fisico: ogni libro infatti si apre con la creatura più grande rispettivamente la balena il grifone, lelefante e il drago per chiudersi con la più piccola (o quasi), la lampreda, il pendolino, la formica e la chiocciola. Il libro delle pietre e quello dei metalli si aprono con lelemento più prezioso: rispettivamente lo smeraldo e loro.216 Nella prefazione del libro VII gli animali vengono suddivisi in due grandi 213 Thorndike 1923, vol. II, p. 130. 214 Vd. supra, § 2. La struttura del testo e la lingua. 215 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 348. 216 Moulinier 1995, p. 219. 70 gruppi in base allalimentazione: erbivori e carnivori.217 Nel libro sui pesci, accumunati dallelemento acqua, viene operata una seconda suddivisione che li raggruppa in base alla profondità nella quale nuotano. Probabilmente si potrebbero individuare altri criteri di ordinamento ma in definitiva, quello che qui è urgente evidenziare, è che essi mostrano come lintento di catalogare non fosse estraneo allo spirito della Physica e anche che i criteri di ordinamento usati, riflettono esclusivamente considerazioni di tipo naturalistico. Lunico criterio che mostra un legame con lesegesi biblica è quello che determina la successione dei libri degli animali, che segue il racconto della creazione: prima i pesci, poi gli uccelli e infine i quadrupedi. In base alle considerazioni fatte si può concludere che la Physica appartiene al genere enciclopedico; vediamo allora come si inserisce in questo filone. Il prototipo di questo genere in età medievale è rappresentato dal Physiologus. A partire dallVIII secolo (forse anche prima) vennero realizzate diverse traduzioni latine delloriginale greco, la traduzione più diffusa nel medioevo è la cosiddetta versio B, che è anche quella che mostra la maggiore indipendenza dalla fonte. In questo studio si è deciso di utilizzare la versio BIs del Physiologus, la quale venne composta in una data incerta tra il X e lXI secolo a partire dal testo base della versio B. Su di esso vennero innestati materiali tratti dalle Etymologiae di Isidoro, in particolare dal libro XII De animalibus.218 Come bene chiarisce Luigina Morini nellintroduzione alla sua traduzione della versio BIs, il termine Physiologus che pure condivide con il titolo dellopera di Ildegarda la radice tuttavia non è assolutamente da intendere in senso naturalistico. 219 La struttura del Physiologus è infatti solo esteriormente simile a quella della Physica: in entrambi la descrizione di ogni singola voce è bipartita, tuttavia nel Physiologus nella prima parte viene descritta una caratteristica peculiare della creatura (quasi sempre un animale) che generalmente è un suo comportamento istintuale e nella seconda parte è spiegato il suo significato allegorico, che è inteso in senso mistico- teologico. Nella Physica invece la prima parte di ogni voce è occupata da una descrizione più o meno breve delle sue caratteristiche umorali e poi viene spiegata 217 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 348. 218 Morini 1996, pp. XII-XIII 219 Cfr. Morini 1996, p. VIII. 71 la sua utilità pratica. La distanza tra i due testi è lampante. Saranno dati alla fine del paragrafo alcuni esempi di quanto detto. La stessa struttura bipartita si ritrova in un classico dellenciclopedismo medievale, le Etymologiae220 di Isidoro di Siviglia.221 Questa volta però la descrizione di ogni voce è accompagnata dalla spiegazione etimologica del nome ed è questa che ne consente linterpretazione simbolica. Isidoro si ricollega direttamente al modello biblico che soggiace al genere enciclopedico stesso: si tratta del passo della nominazione degli animali da parte di Adamo (Genesi 2, 19- 20); 222 è vero infatti che proprio nei primi commentari allHexaemeron sono stati individuati i primordi di questo genere. 223 Ildegarda con la Physica si inserisce in questa tradizione ma con grande autonomia: se è vero che lordine dei libri sugli animali riflette lordine scandito dal racconto della creazione, è anche vero che mancano completamente alcuni esemplari tipici dellesegesi biblica; manca ad esempio il pellicano con la tradizionale associazione alla figura di Cristo. 224 Lunico animale che nella Physica mantiene un legame con lallegoria biblica è il leone: Il leone è molto caldo. Se la natura bestiale non lo trattenesse, potrebbe trapassare d Eva, fino al momento in cui nacque il primo uomo, non lanciavano grida quando provavano dolore. Ma, quando nacque il primo figlio, egli pianse gridando verso lalto, dove vi erano i molti elementi. Sentendo questo grido per così dire sconosciuto Adamo accorse e, dopo aver inteso questa voce di pianto, lanciò anchegli delle grida per la prima volta ed Eva con lui, come il leone, la leonessa e il loro cucciolo ruggiscono insieme quando si drizzano. 225 220 Physiologus: si è già visto che nel X, XI secolo il materiale di Isidoro venne aggiunto al testo del Physiologus nella versio BIs; è anche vero che proprio il Physiologus fu una delle fonti a cui attinse Isidoro per la compilazione delle Etymologiae. (Morini 1996(1), p. 6). 221 Il testo figura nella biblioteca di unabbazia prossima a Rupertsberg, San Massimino di Treviri (Moulinier 1995, p 212). 222 Isidoro di Siviglia. Etimologie, trad. Valastro Canale, vol. II, p. 8. 223 Zambon 2018, pp. XXIII-XXXI. 224 Il Fisiologo latino, trad. Morini, p. 21. 225 Libro delle creature, trad. Campanini, pp. 351-2. 72 Mancano poi le citazioni delle sacre Scritture che sono quasi debordanti nella versio BIs del Physiologus: su un totale di 55 voci se ne contano più di 200. Delle coppie di animali antagonisti citate dal Physiologus, Ildegarda ne menziona solo una, il cervo e il serpente. 226 Anche per quanto riguarda le voci più direttamente inspirate al Physiologus, Ildegarda in realtà ne fa un uso estremamente personale: ne prende in prestito solitamente un solo tratto per poi calarle su un piano marcatamente naturale. 227 Nei passi riportati di seguito sono messe una di seguito allaltra le voci tratte dal Physiologus e dalla Physica. Nei passi citati tratti dalla versio BIs del Physiologus, linserimento dei frammenti delle Etymologiae è segnalato da una didascalia in apertura del testo aggiunto. Da notare la descrizione della scimmia: il Physiologus la accosta al diavolo, la Physica alluomo! Si dice nella Legge: "Onora tuo padre e tua madre» (Ex. 20, 12). E ancora: "Colui che maledice il padre e la madre, muoia di morte» (Ex. 21,17). Dice il Fisiologo: cè un uccello che si chiama upupa. I figli, quando vedono i genitori invecchiati, tanto che non possono neppure volare, né vedere per loffuscamento della vista, allora strappano le vecchissime penne dei genitori e leccano loro gli occhi e li riscaldano sotto le proprie ali, finché ricrescono le loro penne e si rischiarano i loro occhi, cosi che possano rinnovarsi in tutto il corpo e come prima vedere e volare; e poi ringraziano i figli, che tanto pietosamente hanno loro offerto assistenza. E i figli dicono loro: "Ecco, dolcissimi genitori, come voi dallinfanzia ci avete allevato e avete speso per noi ogni vostra fatica, gli stessi servigi e la stessa assistenza noi dispensiamo a voi nella vostra vecchiaia». Se esseri privi di ragione fanno questo luno per laltro, come possono gli uomini, che possiedono la ragione, non voler ricambiare le cure dei propri genitori? Etimologia. I Greci chiamano cosi lupupa perché si nutre di escrementi umani e di letame puzzolente, e vive fra le tombe. Se qualcuno si ungerà del suo sangue, quando vorrà dormire, sognerà demoni che lo soffocano (Etym. XII, VII, 66).228 226 LIl Fisiologo latino, coccodrillo (Il Fisiologo latino, trad. Morini, p. 45); la pantera e il drago (Il Fisiologo latino, trad. Morini, p. 55); le colombe e il drago (Il Fisiologo latino, trad. Morini, p. 79). 227 Nei passi citati Physiologus e quella della Physica sono: dellupupa la vicinanza alla sporcizia, del riccio la somiglianza al porco, della scimmia il riferimento alla luna. 228 Il Fisiologo latino, trad. Morini, p. 27. 73 Lupupa è calda e umida e vola nellaria, allincirca a media altezza. Ama il giorno e ha una natura impura. Vive sempre nelle immondizie o nelle loro vicinanze e ne trae giovamento: le ricerca poiché le danno molta forza ed è là che prepara il proprio nido. Getta via la sua testa e le sue viscere, spennala e riduci in polvere il resto del corpo in una pentola nuova. Se, in un uomo, delle scrofe le sono scoppiate, o se i vermi divorano qualcuno, metti di quella polvere nelle ferite: le scrofole saranno seccate, i vermi moriranno. 229 Dice il Fisiologo che il riccio ha laspetto di un maialino da latte. Allesterno è tutto coperto di aculei. Al tempo della vendemmia entra nella vigna, e dove vede luva adatta, sale sulla vite e stacca gli acini da quelluva, facendoli cadere tutti a terra. Poi discende e vi si rotola sopra in modo da infilzare tutti gli acini sui suoi aculei, e cosi porta il cibo ai suoi figli. Tu, uomo di Dio, custodisci con diligenza la tua vigna e tutti i suoi frutti (cfr. Jo. 15,1) spirituali, affinché non si impadronisca di te la preoccupazione per le cose di questo mondo e il desiderio dei beni temporali, e allora lo spinoso diavolo, disperdendo tutti i tuoi frutti spirituali, li infilzi sui suoi aculei, e la tua anima resti nuda, vuota e spoglia come il pampino senza frutto. Invano poi griderai, dicendo: "Non ho custodito la mia vigna», come testimonia la Scrittura nel Cantico dei Cantici (1,6). Convenientemente dunque il Fisiologo confrontò le nature degli animali e le collegò alla intelligenza delle scritture spirituali. Etimologia. Il riccio è un animale spinoso, cosi denominato, si dice, dal fatto che si arriccia, quando si chiude nei suoi aculei, che lo proteggono da ogni parte contro tutte le insidie. Infatti, non appena avverte la presenza di qualcuno, subito si arriccia e cosi, assunta forma sferica, si rinchiude nella sua armatura. La sua avvedutezza è tale: dopo aver staccato dalla vite un grappolo duva, vi si rotola sopra e porta ai suoi piccoli gli acini infilzati sugli aculei (Etym. XII, III, 7).230 Il riccio è freddo e di natura in monda, mangia i frutti della foresta e le ghiande. Assomiglia alquanto al porco, ma limpurità che dovrebbe essere insita nella sua carne risale nei suoi aculei: per questo è più puro del porco. Infatti, come gli aculei feriscono le mani delluomo, allo stesso modo la carne del porco fa diminuire la purezza e la salute delluomo. Luomo sano, se vuole mangiare del riccio, lo faccia cuocere nellacqua, come una lepre, poi riduca in polvere, in quantità uguale, della cannella, del piretro e della pimpinella e faccia cuocere quelle polveri nel vino. Una volta cotto il riccio e tolto 229 Ibidem, p. 337. 230 Ibidem, p. 35. 74 dalla pentola, si versi quel vino sopra le erbe, come si sparge abitualmente il pepe sulle carni. Mi mangi così: non fa male, al contrario rende forti e permette di conservare la salute. 231 Ugualmente la scimmia è figura del diavolo. Infatti come la scimmia ha la testa, ma non ha la coda, e benché tutto il suo aspetto sia ripugnante, tuttavia le sue terga sono ancor più brutte e orribili, cosi anche il diavolo ha la testa, ma non ha la coda. Cioè: ebbe un inizio, perché fu un angelo nei cieli, ma, poiché fu nel suo intimo ipocrita e ingannatore, perse la testa; e non ha la coda, cioè, come peri allinizio nei cieli, cosi anche alla fine perirà interamente, come dice il banditore della verità Paolo: "Il Signore Gesù lo annienterà con il soffio della sua bocca» (2 Th. 2, 8). Etimologia. Scimmia è un nome greco, e deriva dal fatto che lanimale ha il naso camuso, e il viso ripugnante, deforme di rughe, benché il naso camuso sia una caratteristica anche delle caprette. Altri dicono che il nome scimmia è latino, e deriva dal fatto che si è potuta osservare in loro una stretta somiglianza con le facoltà razionali delluomo; ma è sbagliato. Sono esperte degli elementi; gioiscono quando cè la luna nuova, sono tristi quando è a metà del suo corso e a falce. Portano davanti a sé i figli che amano, quelli trascurati sono loro ad attaccarsi alla madre. Ne esistono cinque specie, una delle quali costituita dai cercopitechi, che hanno la coda: è infatti una scimmia con la coda il cercopiteco, che alcuni chiamano clura. Le sfingi hanno chiome villose e mammelle prominenti, sono docili, e dimenticano facilmente lo stato selvatico. Anche i cinocefali sono simili alle scimmie, hanno una lunga coda e il muso come quello del cane, da cui il loro nome. I satiri hanno il muso appuntito e si agitano con movimenti da mimi. Le callitrici differiscono integralmente dalle altre. Hanno infatti muso lungo, lunga barba e larga coda (Etym. XII, II, 30-33).232 La scimmia è calda. Poiché somiglia alquanto alluomo, lo osserva continuamente per fare ciò che luomo fa. Ha anche abitudini da bestia, ma è e incompleta in ciascuna delle due nature, al punto che non può agire completamente con un uomo né completamente come una bestia e per questo è instabile. Se talvolta vede un uccello volare, si raddrizza, salta e cerca di volare, poi, dal momento che non raggiunge lo scopo, subito si arrabbia. A causa della sua somiglianza con gli esseri 231 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 382. 232 Il Fisiologo latino, trad. Morini, pp. 51-3. 75 umani ha dei cicli mestruali legati alla luna. Poiché non è stabile né in una natura né nellaltra è inutile per le preparazioni medicinali. 233 Si cita per ultimo la voce dello struzzo, che è tra le voci della Physica che seguono più da vicino il testo del Physiologus: Ildegarda riprende dalla descrizione del Physiologus non una ma due caratteristiche dellanimale, entrambe relative ai suoi aspetti naturali; la parti allegoriche, come pure le citazioni bibliche, vengono invece ignorate. Cè poi un animale chiamato struzzo, che in greco è detto strictecamelon, in latino structio. Di questo animale il profeta Geremia dice: "E lo struzzo conobbe nel cielo il suo tempo» (Jr. 8,7). Il Fisiologo dice che è come un avvoltoio. Ha le penne, ma non vola come gli altri uccelli, e ha piedi simili al cammello, e perciò in greco viene detto structucamelon. Quando viene il tempo in cui deve deporre le uova, questo animale alza i suoi occhi al cielo e guarda se è sorta la stella detta Virgilia. Infatti non depone le sue uova nella terra se non quando sorge quella stella in cielo. Della quale stella dice Giobbe: "Colui che creò Virgilia e le costellazioni del settentrione, Aquilone e i magazzini di Austro» (Jb. 9, 9). Infatti a suo tempo nasce la stella Virgilia in cielo, cioè quando fioriscono le messi ed è estate, allincirca nel mese di giugno. Allora lo struzzo, quando vede che la stella Virgilia è salita in cielo, scava in terra in un luogo deserto e li depone le sue uova e le copre di sabbia. Quando però se ne va da quel luogo, subito se ne dimentica, e non ritorna alle sue uova. Infatti questo animale è per natura smemorato; e per questo depone le sue uova, e le copre di sabbia, proprio in questo periodo, perché la mitezza della stagione e il clima moderato sembrano alla madre adatti a far nascere i piccoli quanto potrebbe esserlo lei covando le sue uova: cosi la sabbia, resa ardente dallestate, scalda le uova facendone uscire i piccoli. Se dunque lo struzzo conosce il suo tempo e alza gli occhi al cielo e si dimentica della prole, a maggior ragione luomo che ha fede deve dimenticare le cose terrene e seguire le celesti, poiché dice lApostolo: "dimenticando quello che è dietro le spalle, corro verso la meta, per conseguire il premio di quella alta vocazione» (Phil. 3,13-14). E Dio dice nel Vangelo: "Chi ama suo padre o sua madre più di me, o i figli, non è degno di me » (Mt. 10, 37). E a colui che adduceva come scusa la sepoltura del padre dice: " Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, e tu vieni, seguimi» (Mt. 8, 22). Etimologia. Struzzo, con termine greco, viene chiamato un animale che ha visibilmente le penne come un uccello, e tuttavia non si alza di molto dal suolo. 233 Libro delle creature, trad. Campanini, p. 379. 76 Trascura di covare le sue uova, ma i piccoli prendono vita dal solo calore della polvere (Etym. XII, VII, 20).234 Lo struzzo è molto caldo e partecipa della natura delle bestie. Infatti ha le penne come gli uccelli ma non se ne serve per volare, poiché corre rapidamente come una bestia, resta al suolo e si nutre di erbe. Il suo calore è tale che le sue uova prenderebbero fuoco e i piccoli non si svilupperebbero se le covasse esso stesso. È per questo che le nasconde nella sabbia, dove sono riscaldate dallumore dal calore. Dopo che i piccoli sono usciti dalle uova, corrono dietro alla madre e insieme a lei, come gli altri uccelli. Luomo che soffre di epilessia mangi spesso carne di struzzo: gli darà la forza ed eliminerà la follia del mal caduco. La forza e il calore dello struzzo delle carni dello struzzo permettono di sedare gli effetti di questa malattia. 235 Da quanto è stato esaminato emerge come la Physica sia formalmente assimilabile agli altri scritti enciclopedici del periodo, tuttavia si distingue nettamente da essi in relazione al contenuto. Negli scritti enciclopedici messi a confronto è infatti assente linteresse per lo studio della natura, che invece caratterizza in modo evidente lopera di Ildegarda. Daltronde le stesse opere enciclopediche si distinguono nettamente anche in relazione ad un altro aspetto peculiare della Physica, ovvero la sua utilità pratica. Effettivamente, anche se si volesse ravvedere nei testi enciclopedici una certa utilità, dovuta al fatto che essi forniscono le chiavi interpretative per la comprensione di alcune allegorie bibliche, tuttavia essa è certamente di un ordine ben diverso rispetto a quella della Physica, che è quasi assimilabile a un prontuario farmaceutico. 234 Il Fisiologo latino, trad. Morini, pp. 67-9. 235 Libro delle creature, trad. Campanini, pp. 305-6. 77 CONCLUSIONI Le pagine della Physica descrivono luniversitas rerum senza mai sovrapporvi riflessioni di ordine metafisico. È forse questo laspetto che emerge con più immediatezza dalla lettura dellopera e che certamente distingue la Physica dagli altri scritti di Ildegarda. Si è visto che il tema principale della Physica è la descrizione della natura e la ricerca della sua utilità. La trattazione di questo argomento tuttavia non prende la forma di un discorso unitario: la descrizione della natura è condotta nella Physica in modo frammentario, conformemente al genere enciclopedico, sebbene il testo dellopera, come si è visto nel capitolo 8, presenti forti elementi di coesione. Nonostante questo è possibile ricavare dalla Physica alcune concezioni di carattere generale riguardanti la natura e lessere umano (sono state illustrate nel capitolo 6). A tal fine è stato talvolta necessario uscire dai limiti del contenuto del Liber subtilitatum e riferirsi anche ad altre parti dellopera di Ildegarda, in particolar modo alle sezioni del Liber divinorum operum che maggiormente si concentrano su tematiche cosmologiche e naturalistiche. In tal modo è stato possibile comprendere più correttamente come Ildegarda concepisca il creato e il rapporto tra le creature e come la descrizione fisica della natura si integri nel complesso della sua concezione del cosmo (capitolo 5). In effetti, nel corso di questo studio si è avuta la sensazione che, integrando il contenuto della Physica con alcune parti del Liber divinorum operum come anche con il Frammento di Berlino, si potrebbero delineare i contorni di una vera e propria filosofia naturale. Quello che è certo è che la visione della natura della Physica è fortemente innovativa, ed ipotizzare che essa sia stata del tutto frutto di una creazione ex abrupto di Ildegarda non è molto plausibile. Sicuramente devono avere giocato un ruolo i contatti con nuove forme di sapere, magari mediati anche dagli scambi personali, come ipotizza Pereira riferendosi ad un episodio della biografia di Ildegarda, tratto da un passo della Vita che abbiamo riportato nella Cronologia.236 Moulinier ha riconosciuto nella Physica gli apporti innovativi della scuola medica 236 Supra, p. 11. 78 salernitana e lipotesi è condivisa da Pereira;237 va dato conto, tuttavia, che vi sono posizioni storiografiche opposte, rispetto alle quali la Physica sarebbe completamente ancorata alla tradizione medica vetero-benedettina. 238 A proposito del processo di composizione dellopera, invece, lidea complessiva che si è ricavata è che la Physica presenti un contenuto fortemente stratificato, tanto da non poter essere sempre attribuito con assoluta certezza a Ildegarda. Le riflessioni condotte in questo lavoro, tuttavia, riguardano le tematiche filosofiche dellopera, e non risentono particolarmente di questa problematica. Le osservazioni di Moulinier sulla autenticità dellopera assumono una valenza ben diversa se invece si volesse includere la Physica in uno studio di storia della scienza, qualora ad esempio si volesse valutare quali scoperte siano da attribuire ad Ildegarda in campo botanico. Nel capitolo 3 si è dato conto delle particolarità linguistiche del testo della Physica. A tal proposito si è ipotizzato un criterio etimologico che abbia guidato Ildegarda nella scelta delluso di alcune denominazioni delle creature in volgare piuttosto che in latino (o viceversa). Tale ipotesi rovescia completamente la funzione del nesso etimologico tra nome e descrizione della creatura propria della tradizione enciclopedica. Si è ipotizzato cioè che in alcuni casi Ildegarda abbia scelto la denominazione in latino o in volgare della creatura in base allosservazione della realtà. La validità di questo criterio non può certamente essere elevata al livello di legge, sono infatti molti i casi in cui non è rispettato, non fossaltro perché i nomi di molte creature della Physica non hanno alcun legame etimologico con il loro uso terapeutico né in latino né in volgare. Laspetto più innovativo della Physica riguarda come si è detto il modo di concepire la natura. Questa innovazione è sue due livelli. Il primo riguarda il concetto di natura in sé, cioè la costituzione della natura e il significato che Ildegarda attribuisce alle cose naturali. Il secondo livello riguarda invece lo studio della natura, il fatto cioè che dallosservazione della natura sia possibile estrarre nuova conoscenza (capitolo 4). Si è visto che le creature descritte nella Physica assumono un significato autonomo: la visione della natura che emerge è 237 Pereira 2017, p. 124. 238 In Sturlese 1990, p. 164, che riporta il parere dello storico della medicina Schipperges. 79 completamente sganciata dalla concezione medievale che è eminentemente simbolica e in cui la natura ha significato semmai solo come epifania del divino. 239 La nuova concezione del mondo naturale e del ruolo dellessere umano testimonia la vicinanza di Ildegarda agli sviluppi filosofici delle più secolarizzate scuole cittadine. 240 Questo dimostrerebbe che londata di rinnovamento speculativo che è stata definita il Rinascimento del dodicesimo secolo, sia andata ben oltre i contesti urbani e abbia coinvolto anche gli appartati contesti monastici femminili, 241 il che comporterebbe una rivisitazione complessiva del periodo: colpisce che nel manuale di Étienne Gilson non vi sia alcun riferimento a Ildegarda. Nel corso di questo studio si è dato anche conto di alcuni aspetti problematici per la comprensione del contenuto della Physica, in particolare la presenza degli animali fantastici di cui si è parlato nel capitolo 8. È difficile trovare una spiegazione che renda pienamente comprensibile la loro presenza. Per quanto si possa affermare che la Physica sia portatrice di una nuova concezione della natura, ciò non implica anche la formulazione da parte di Ildegarda di un nuovo concetto di verità, che invece resta saldamente ancorato ai canoni della tradizione. In tal senso losservazione della natura non avrebbe alcun valore euristico, ma solo pratico. In alternativa, la presenza degli animali fantastici si dovrebbe accettare come unidiosincrasia non risolvibile. La stessa inconciliabilità che, in conclusione, è stata rilevata in Ildegarda "tra questi interessi scientifici e la costituzione di un universo simbolico che usa le forme splendide di una vera e propria sintassi visionaria». 242 È a questa affascinante complessità di pensiero che si è voluto alludere nel titolo di questo studio. 239 Cfr. Gregory 1952, pp. 433-4. 240 Pereira 2017, pp. 120-1. 241 È Sturlese a notare questo a proposito però di Errada di Landsberg e non di Ildegarda di Bingen (Sturlese 1990, p. 164). 242 Cristiani-Pereira 2003, 1152. 80 APPENDICE Fig. 1 Scivias, II, 2. Tratta dalla copia/facsimile del ms. 1 di Wiesbaden, Hessiche Landesbibliothek, conservata nel monastero di Eibingen. 243 243 Il manoscritto originale è andato perduto in un incendio nel 1945, fortunatamente ne era stata prodotta una copia a mano nel monastero di Eibingen negli anni 1927-33 (Pereira 2003, p. CLXV). 81 Fig. 2 Particolare delluovo cosmico. Tratto dalla copia/facsimile del ms. 1 di Wiesbaden, Hessiche Landesbibliothek, conservata nel monastero di Eibingen. 82 Fig. 3 Liber divinorum operum, I, 2. Luca, Biblioteca statale, ms. 1942, f. 9r.244 244 Il manoscritto miniato del Liber divinorum operum oggi conservato a Lucca, è stato per lungo tempo attribuito a Matilde di Magdeburgo (Pereira 2003, p. CLXVIII). 83 Fig. 4 Liber divinorum operum, I, 4. Luca, Biblioteca statale, ms. 1942, f. 38r. 84 PH (IV, 1) Di seguito è trascritto integralmente un capitolo della Physica. I capitoli presentano tutti la medesima struttura: il testo è scritto senza soluzione di continuità e allinizio di ogni descrizione compare il nome della creatura a cui si riferisce il testo. Ogni capitolo contiene la descrizione di una sola creatura. In alcuni manoscritti alcuni capitoli recano lindicazione di un titolo. Nel capitolo qui trascritto sono stati copiati in corsivo i passi in più presenti in F. Smaragdus in mane id est in ortu diei crescit, cum sol in circulo suo potenter positus est ad peragendum iter suum. Et tunc viriditas terre et graminum maxime vigent, quia aer tunc adhuc frigidus est et sol iam calidus,et tunc herbe viriditatem tam fortiter sugunt, ut agnus qui lac sugit, ita quod estus diei vix ad hoc sufficit, ut viriditatem diei illius coquat et nutriat,quatenus fertilis fiat ad producendum fructus. Et ideo smaragdus fortis est contra omnes debilitates et infirmitates hominis, quia sol eum parit, etquia omnis materia eius de viriditate aeris est. Et temperatum calorem habet,et bonam viriditatem frigoris et inspicientem se hominem letum reddit. Unde qui in corde aut in stomacho aut in latere aut in aliqua parte corporis sui dolet,smaragdum apud se habeat, ita ut caro corporis sui ab illo incalescat, et melius habebit, quia viriditas eius medicamentum est, et calor et duritia eius doloribus cordis et stomachi ac lateris et ceteris doloribus corporis resistit. Sed si pestes ille in eo ita inundant quod a procella sua se continere non possunt, tunc homo ille smaragdum mox in os suum ponat, ut de saliva eius (id est speiche) madidus fiat, et ita ipsam salivam de lapide illo calefactam in corpus suum sepe inducat et emittat, et repentine inundationes pestium illarum absque dubio cessabunt. Quoniam viriditas sua cum calore eius et cum salubrisaliva hominis conmixta inundationes illas sedat. Nam viriditas eiusdem lapidis viriditati hominis scilicet salive coniuncta pestes in homine mitigat. Et si quis decaduco morbo fatigatus cadit, dum ita prostratus iacet, smaragdum in os eius pone, et spiritus eius reviviscet. Et postquam ille surrexerit, et postquam eundem lapidem ex ore suo abstulerit, eum attente inspiciat et dicat: "Sicut spiritus domini replevit orbem terrarum, sic domum corporis mei sua gratia repleat, et dyabolum ab ea repellat, ne eam umquam moverepossit». Et sic etiam per novem subsequentes dies vel plures in mane diei faciat et curabitur, quia bone vires viriditatis et caloris prefati lapidis pestem illam non tollerant, sed eam per gratiam dei fugant, et hoc etiam in honore novem ordinum angelorum facient. Sed et eundem lapidem semper apud se habeat, et eum cottidie in mane diei inspiciat et interim dum eum inspicit, predicta verba dicat et sanabitur. Quoniam mane id est ortus diei absque fece est, quia aertunc purus est, et in illo tempore homo qui caducum morbum patitur, lapidem hunc qui sine sorde est inspiciat, et predicta verba dicat, et viriditas visum oculorum eius reverberat, et ei viribus suis sanitatem affert, cum etiam idem homo bona fide predicta verbadicat. Et qui in capite valde dolet, eum ad os suum teneat, et spiramine suo eum calefaciat, ita ut de eodem spiramine madidus fiat, et sic madidotympora et frontem suam liniat (id est bestriche) et deinde eum in ossuum ponat, et ita eum per brevem horam in ore teneat et melius habebi. Quoniam cum per calidam humiditatem spiraminis anime viriditas et virtus eiusdem lapidis advocatur, et ita dolenti capiti coniungitur et in os dolentis ponitur, dolor capitis illius propter bonam virtutem et calorem eiusdem lapidis calida humiditate spiraminis excitata mitigatur. Et qui etiam plurimum flecma et plurimam salivam in se 85 habet, bonum vinum calefaciat, et tunc lineum pannum super vasculum aliquod ponat, et super pannum illum smaragdum et vinum ita calidum super eundem lapidem fundat, ut ipsum vinum per pannum transeat, et hoc iterum et iterum faciat, velut ille qui laxivam parat, et tunc cum vino illo et cum farina pappen/(brij vel kuchen) faciat, et eam sepe comedat, atque idem vinum sic paratum sepe bibat, et cerebrum illius purgat, et flecma et salivam in eo minuit, quia viriditas et calor eiusdem lapidis cum alterato calore vini et cum calore et fortitudine farine sordes cerebri et flecmatis aufert. Et si quem vermis comedit, super ulcus lineum pannum ponat, et desuper smaragdum ac super eum alios panniculos liget, velut ille qui cocturam operit, et hoc propterea faciat, ut idem lapis ita incalescat. Et sic pertres dies seu per plures faciat, et vermis ille morietur, quoniam viriditas et calor eiusdem lapidis vermem ipsum mortificant. 245 245 Physica, ed. Hildebrandt-Gloning, pp. 231-32. 86 BIBLIOGRAFIA FONTI Opere di Ildegarda di Bingen (traduzioni ed edizioni): Berliner fragment, ed. Hildebrandt-Gloning = Berliner fragment. A cura di R. Hildebrandt e T. Gloning, in Physica, ed. Hildebrandt-Gloning. Berlin: de Gruyter, 2010, vol. I, pp. 407-431. Cause e cure, trad. Calef = Ildegarda di Bingen. Cause e cure delle infermità. A cura di P. Calef. Palermo: Sellerio, 2007. Libro dei meriti di vita, trad. Ghiringhelli = Ildegarda di Bingen. Come per lucido specchio. Libro dei meriti di vita. A cura di L. Ghiringhelli. Milano Udine: Mimesis Edizioni, 1998. Il libro delle opere divine, trad. Pereira = Ildegarda di Bingen. Il libro delle opere divine. A cura di M. Cristiani e M. Pereira. Milano: Mondadori, 2003. Libro delle creature, trad. Campanini = Ildegarda di Bingen. 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